- da Benny Calasanzio Borsellino -
Dunque della trattativa sapevano cani e porci. Da «Ninu Ballerinu», il dio del pane con la milza a Palermo, al procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. Noi invece eravamo presi quotidianamente per il culo. Guardati con ironia dall'alto dei palazzi di Palermo e di Roma.
Morto Falcone, l'ex comandante del Ros Mario Mori, l'allora capitano Giuseppe De Donno, Nicola Mancino e gli altri galantuomini che trattavano con la mafia, mentre la gente al funerale del loro giudice piangeva la morte del proprio futuro, loro ridevano sotto i baffi, loro mediavano, loro contattavano, loro corteggiavano. Loro trattavano e tramavano, e se la vita del rompipalle Paolo Borsellino valeva la trattativa, beh, qualche sacrificio bisognava farlo.
Salvatore, il fratello, già da qualche anno e quando ancora non lo pensava nessuno, diceva che Paolo Borsellino era stato ucciso per essersi messo di traverso alla trattativa. La chiamava sporca ed indegna trattativa, cui il fratello si era sicuramente opposto con sdegno. Il dolore di un fratello pensavano molti. Gente a lui vicina e meno vicina, pare che avesse messo in giro addirittura la voce che fosse quasi pazzo, accecato dalla rabbia e dal dolore. Poi per fortuna arriva uno molto più credibile di lui, come il figlio di un mafioso.
Ora per fortuna, messi in croce dal figlio mediocre di Vito Ciancimino, Massimo, i protagonisti, smascherati, provano farla passare come una trattativa dovuta, come un qualcosa di normale. Dopo 17 anni riacquistano la memoria Mario Mori, Giuseppe De Donno, Claudio Martelli, Liliana Ferraro, Luciano Violante. Mancino, messo ormai con le spalle al muro, pare che qualche barlume intraveda.
E in ultimo arriva uno qualunque, un procuratore nazionale antimafia a caso, Pietro Grasso, che in tutta tranquillità, 17 anni dopo, spiega: «il momento era terribile, bisognava cercare di fermare questa deriva stragista che era iniziata con la strage di Falcone: questi contatti dovevano servire a questo e ad avere degli interlocutori credibili. Il problema - continua - è di non riconoscere a Cosa nostra un ruolo tale da essere al livello di trattare con lo Stato, ma non c'è dubbio che questo primo contatto ha creato delle aspettative che poi ha creato ulteriori conseguenze».
Ma quindi lui sapeva prima, durante e dopo di questi abboccamenti, e gli stavano bene, o li ha saputi solo dopo e ha deciso di tenerli per sè? Ma non era lui che raccontava ai bambini di non essere omertosi? Mi pare che le sue parole, concettualmente, vogliano dire: un sacrificio bisognava pure farlo. Grasso, lei era in uno stato psicofisico alterato quando ha pronunciato queste parole, o le conferma? E perchè quando è venuto a conoscenza della trattativa non ha rovesciato il tavolo denunciando tutto e tutti quelli che stavano trattando con il corpo di Falcone sotto al tavolo e con quello di Borsellino sopra, pronto per essere spartito in virtù della pax?
E' legittimo dire che la vita di Paolo Borsellino fu barattata per la pax mafiosa? E' legittimo dire che Paolo Borsellino fu merce di scambio? E se non ci fosse stato Massimo Ciancimino, ormai ribattezzato «fosforo», chi avrebbe potuto smuovere le memorie di voi smemorati? E poi, Grasso, mi tolga una grossa curiosità: perchè fatto fuori Giancarlo Caselli dalla carica di super procuratore nazionale antimafia, addirittura con una legge, la scelta è ricaduta su di lei? Era più bello, più simpatico o più moderato? Ma questo glielo chiedo così, per fare amicizia, per ridarle il benvenuto nel mondo di quelli con la memoria funzionante.
Ah, prima che lo dimentichi. Voi tutti, si, insomma, voi smemorati, a parte dimettervi immediatamente da qualsiasi ruolo istituzionale, preparate una letterina alle famiglie dei giudici, a quelle delle scorte, scrivete solo «perdonateci» siamo stati deboli e senza le palle, ma fatelo con molta umiltà, e poi firmatela tutti. Tutti, compresi quelli che pensiamo siano cattivi, come Mori e De Donno, e quelli che invece crediamo siano dei nostri, anche quelli che andavano a parlare del collega Falcone nelle scuole, come Liliana Ferraro, senza mai pensare di dire altre cose in altre sedi.
http://temi.repubblica.it/micromega-online/procuratore-grasso-mi-spieghi-un-attimo-un-paio-di-cose/
FONTE
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