martedì 20 ottobre 2009

Il Profeta Giulio

- di Pierpaolo Farina -

Sentir parlare Giulio Tremonti di precarietà del lavoro in quel modo così colto ed etico viene quasi voglia di dargli ragione. Chi può essere contrario, in effetti, al fatto che “la mobilità non sia di per sé un valore” o che “per una struttura sociale come la nostra, il posto fisso è la base su cui costruire una famiglia”?

Dove fosse questo eminente profeta, che aveva già previsto la Crisi Finanziaria nel 1995, quando il Governo nel quale era ministro approvava la Legge 30, impropriamente detta Biagi, non si sa: sta di fatto che non si ricordano sue uscite pubbliche contro la precarietà mascherata con la flessibilità.

Così come per la crisi Finanziaria, Tremonti non guarda le responsabilità in casa propria, ma scarica sempre tutto sulla “globalizzazione”, che secondo questa Cassandra incompresa a livello internazionale, è l’origine di tutti i mali. Strano, perché quando era al Governo non faceva altro che inseguire i modelli neo-liberisti degli USA di Bush.

Anzi, quando nel 2001 nasce il Berlusconi II, Giulio sprizza ottimismo da tutte le parti: “Sono convinto che parta un ciclo positivo che vede l’Italia registrare un differenziale a suo favore rispetto agli altri Paesi dell’UE. Ho prospettato la possibilità che il Paese, nell’arco di alcuni anni, a partire da ora, raggiunga un ciclo positivo. Si tratta di una stagione che si avvicina, anche se non è un fatto istantaneo. Siamo in un’economia globale, ma l’Italia può crescere con un differenziale regionale positivo: un di più rispetto al di meno che c’è stato finora. Ho fatto una discussione con il governatore della Banca d’Italia su Sant’Agostino e i miracoli… (Ansa, 8 settembre 2001).

Tre giorni dopo la dichiarazione le Twin Towers subiscono il famoso attentato, facendo sprofondare nella depressione l’economia mondiale. Eppure Tremonti, fiducioso, non ci fa caso e annuncia un nuovo boom economico, anche grazie all’euro (che poi, insieme alle Torri, diventerà il leit motiv per giustificare il fallimento della sua attività da Ministro):

“Ritengo che l’introduzione dell’euro possa favorire la prospettiva di un nuovo miracolo economico italiano. Del resto era impossibile prevedere quello che sarebbe successo l’11 settembre scorso, eppure in 6 mesi di attività il governo ha già modificato radicalmente la struttura economica del Paese. L’Italia, con l’avvio della ripresa, potrà essere ancora più competitiva, spinta appunto dalla fiducia della crescita.” (Ansa, 31 dicembre 2001).

Celebre è la sua contrarietà ai condoni, quando scriveva sul Corriere della Sera del 25 settembre 1991: “In Sudamerica il condono fiscale si fa dopo il golpe. In Italia lo si fa prima delle elezioni, ma mutando i fattori il prodotto non cambia: il condono è comunque una forma di prelievo fuorilegge. Per la massa enorme degli evasori le probabilità di essere verificati sono minime (lo dicono le Finanze), le conseguenti liti tributarie si possono tirare in lungo senza costo (lo dicono ancora le Finanze), infine i condoni sono cadenzati ogni decennio: ’73, ’82, ’91. Vuol dire che il rapporto fiscale si basa su questa pratica: farla franca, confusi tra milioni di evasori; farla lunga, coltivando con calma la lite; farla fuori, con poche lire di condono. In questo sistema smontato e rovesciato, a dettare legge sono proprio i fatti fuorilegge, l’evasione e la furbizia.”

Infatti, nei quindici anni in cui è stato Ministro tre volte, Tremonti ha varato una ventina di condoni e due scudi fiscali (i due differiscono solo per la percentuale, raddoppiata quest’anno al 5%). E si sa che fine hanno fatto le cartolarizzazione gestite dalla SCIP
(http://espresso.repubblica.it/dettaglio/quante-crepe-a-casa-tremonti/2070368/10/0).

E indovinate un po’ chi è l’autore della legge n. 448 del 2001, art. 41 che consentì agli Enti Locali di indebitarsi a vita nel tunnel dei derivati? Sempre Tremonti.

E mentre i conti vanno a rotoli e si taglia sempre di più al fulcro vitale della futura ripresa italiana (istruzione e ricerca), indovinate un po’ chi ha accettato i meccanismi di non tassazione delle stock options e delle operazioni in paradisi fiscali, che hanno provocato il crac Parmalat?

E indovinate chi, secondo la Kpmg e i giudici di Milano, nascondeva 64 società extrabilancio nei paradisi fiscali? Silvio Berlusconi, il capo di Tremonti.

Intanto a New Haven, nel Connecticut, si è chiuso il processo ai manager dei colossi assicurativi Aig e General Re: accusati di frode, falso in bilancio e false comunicazioni all’autorità di Borsa, gli imputati rischiano l’ergastolo. In Italia, grazie alla Controriforma dei Reati Societari varata nel 2002 rischiano al massimo una prescrizione.

E chi era ministro dell’Economia nel 2002, ai tempi della Controriforma? Tremonti. Lo stesso che aveva previsto la crisi nel 1995 e che oggi se la prende con i derivati, le banche, l’evasione fiscale e addirittura con la precarietà che il suo governo ha introdotto con la Legge 30 (qualcuno dirà che c’era già la Legge Treu, ma al confronto della Legge 30 era il paradiso per i lavoratori).

Chiudiamola con Bersani: “Se Tremonti è a favore del posto fisso, chiamate il 118 perché c’è qualcosa che non va.”


http://orgogliodemocratico.ilcannocchiale.it/post/2360578.html
FONTE

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