Con l’accordo separato di ottobre fra i sindacati [ormai definibili a pieno titolo “gialli”] Fim-Cisl e Uilm-Uil e la Federmeccanica per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici, l’attacco ai diritti e al potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti si precisa in termini di “profondità” e di gravità.
La questione, è meglio precisare subito, non riguarderà soltanto i lavoratori del settore metalmeccanico, il loro contratto, i loro diritti e le loro prospettive di tutela sul posto di lavoro, ma nel prossimo futuro riguarderà direttamente anche tutti gli altri lavoratori dipendenti, perché è chiaro che il Ccnl dei metalmeccanici funge da banco di prova per far pagare interamente il conto della crisi e il costo della cassa integrazione guadagni, non certo alla Grande Finanza e all’Industria Decotta – che hanno pesanti responsabilità in ordine alla crisi italiana –, ma ai già miseri e fiscalmente tartassati redditi da lavoro dipendente e rappresenterà una tappa importante, decisiva per giungere, alla fine della fiera, ad avere campo libero in materia di licenziamenti e di eventuali, nuove assunzioni.
Anzi, dopo le ondate di disoccupazione che è ragionevole aspettarsi anche nel 2010 – primo anno di vigenza di tale contratto – eventuali assunzioni, o riassunzioni, potranno avvenire a condizioni decisamente favorevoli per il Capitale e punitive per il Lavoro, consentendo una piena “ristrutturazione” di ciò che rimarrà in piedi del sistema produttivo italiano, ri-mercificando pienamente il lavoro senza più difese e procedendo sulla via della modificazione dell’ordine sociale, nel senso di una “brasilianizzazione” a piè sospinto della società italiana con la concentrazione di ricchezza, potere e “prestigio sociale” [i classici, maxweberiani differenziali di classe] interamente nelle mani di pochi.
Assieme ad una parte economica miserrima, che determinerà per i prossimi tre anni peggioramenti significativi nelle condizioni di vita materiali di tutti i lavoratori metalmeccanici, i sindacati “gialli” firmatari hanno permesso l’applicazione di una subdola tecnica dilatoria, grazie alla quale le tranches maggiori di aumento scatteranno a partire dal 2011 ed hanno sottoscritto l’introduzione e l’attivazione del così detto “Ente bilaterale”, o meglio dell’Organismo bilaterale nazionale per il settore metalmeccanico e della installazione d’impianti, finanziato sostanzialmente dai contributi [in parte consistente dei lavoratori] stabiliti dallo stesso Ccnl.
Entrando brevemente e da non “esperti” nel merito della parte economica, si nota che l’aumento medio – per la 5a categoria – è di 110 euro lordi, di cui soltanto 28 euro lordi corrisposti per il 2010 [a far data dal primo gennaio], mentre al primo gennaio 2011 arriveranno 40 euro e il primo gennaio 2012 42 euro.
Se pensiamo che una buona parte del milione e mezzo di lavoratori metalmeccanici è inquadrata in 3a categoria, per moltissimi gli aumenti lordi saranno ancora inferiori, rasentando cifre insignificanti, inferiori persino a quelle della social card tremontiana: 24,15 euro con la prima tranche, 34,50 con la seconda e 36,23 con l’ultima.
Una sorte migliore non avranno coloro che sono inquadrati nella 7a categoria, poiché del lordo totale pari a 144,38 euro per il prossimo triennio, nel 2010 vedranno soltanto 36,75 euro.
Con l’accordo separato per il Ccnl metalmeccanico si costituisce altresì un Fondo di sostegno al reddito ad adesione volontaria, che dovrebbe essere impiegato a favore di quei lavoratori che subiscono riduzioni di reddito per periodi prolungati, al quale oltre alle imprese contribuiranno con un euro mensile di prelievo [versamento a gennaio 2013] i lavoratori che vi avranno aderito.
Sullo sfondo si staglia l’ombra della [mitica] contrattazione di secondo livello, probabile ultima spiaggia per integrare con qualche spicciolo questo possibile, futuro e pessimo Ccnl, pensato per affossare più che sostenere il “potere d’acquisto” dei metalmeccanici.
Ipocritamente, nel testo dell’accordo-truffa si pone l’accento sugli agognati Premi di risultato e sui “sistemi incentivanti”, opportunamente defiscalizzati [ad evidente vantaggio del Capitale], perché in realtà si vuole favorire l’estensione delle voci variabili stipendiali, in progressiva sostituzione delle componenti fisse della retribuzione che sole possono garantire al lavoratore dipendente un reddito non soggetto ad incertezza.
Il nocciolo della questione – vista in prospettiva – è che si vuole “scardinare” la contrattazione di primo livello, fingendo di esaltare il merito, la produttività, l’introduzione generalizzata di sistemi incentivanti con la contrattazione aziendale, ma puntando subdolamente al terzo livello di contrattazione, quello che maggiormente esalta il potere e la forza del Capitale davanti al Lavoro, e che “lascia solo” il lavoratore, ormai atomizzato, nella condizione di in-dividuo con poca o nessuna tutela effettiva, davanti alla parte più forte.
I prossimi tre anni saranno dunque anni molto duri, e questo anche per gli stessi iscritti ai sindacati “gialli” firmatari, la Fim-Cisl e la Uilm-Uil.
Ma la cosa che risulta evidente a tutti coloro che sono in buona fede, è che questo accordo è stato fatto senza la Fiom-Cgil, presente alle trattative soltanto con un osservatore, e, di fatto, è stato siglato dalle “parti sociali” in perfetta concordia, contro il sindacato più rappresentativo dei lavoratori del settore, con il placet del governo Berlusconi e con il silenzio compiacente del cartello elettorale del Pd.
Se si trattasse soltanto di manovre per emarginare la Cgil ed in particolare la Fiom al suo interno, visti come avversari “politici” per la supremazia nel mondo del lavoro dipendente, la cosa sarebbe forse un po’ meno grave di quanto è in realtà, perché il vero scopo è quello di emarginare i lavoratori tutti, di ridurli a merce “muta”, di impedire che possano partecipare alle decisioni che riguardano il loro futuro.
Non a caso i vertici di Fim-Cisl e Uilm-Uil – gli auxiliares di Confindustria e quinta colonna in questo decisivo attacco al lavoro dipendente – faranno di tutto pur di impedire di far votare l’accordo a tutti i metalmeccanici, come dovrebbe essere e prescindendo dal fatto che siano iscritti o meno ad un sindacato.
Mi è stato fatto notare, da chi ha competenza in queste materie ed esperienza in campo sindacale, che il quadro generale dell’offensiva contro il lavoro dipendente [e gli stessi lavoratori] deve essere ricostruito “mettendo insieme”, come si fa con le tessere sparse di un mosaico da ricomporre, la legge finanziaria del governo, il libro verde di Sacconi, i protocolli di intesa fra i governi e le parti sociali [dal Protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo e siglato dalle parti sociali nel lontano mese di luglio del 1993 all’Accordo Interconfederale del 15 di aprile 2009] fino ad arrivare al livello contrattuale, livello in cui l’attacco al lavoro si concretizza e si precisa nelle parti economica e normativa.
Ma questo attacco, partito con la così detta “marcia dei quarantamila” quadri e impiegati della FIAT il 14 di ottobre del lontano 1980, guidata da Luigi Arisio e promossa dalla storica azienda, continuato con il blitz contro la scala mobile e l’adeguamento automatico delle retribuzioni all’inflazione nel giorno di San Valentino, il 14 febbraio del 1984 – in un processo ormai storico che ha determinato la “rotta di classe” della classe operaia, salariata e proletaria e che è giunto quasi a compimento – oggi è rivolto con decisione, approfittando della crisi sistemica, contro il livello contrattuale nazionale ed ancora una volta, nell’affondo finale e conclusivo, in primo luogo contro i diritti dei lavoratori metalmeccanici.
La cosa grave è che tale processo di ri-mercificazione del lavoro e di ri-plebeizzazione dei lavoratori ha trovato una sponda utile in un certo sindacalismo, pur minoritario, che assieme ai diritti dei lavoratori, alla così detta democrazia sindacale [per altro già di per sé insufficiente], sta vendendo, come si faceva nel mondo ellenistico-romano della “villa” con gli schiavi, le persone, le loro famiglie e il loro futuro.
Evidentemente questo frammento di sindacato [CISL e UIL], prono davanti ai voleri della Grande Finanza & Industria Decotta e della politica italiana sistemica che funge da supporto a tali interessi, sta cercando con ogni mezzo e a qualsiasi prezzo di sopravvivere alla “onda d’urto” della distruzione creatrice, scatenata dalla “tempesta perfetta” della crisi finanziaria globale, ed anzi di trarne vantaggio – quale centro di potere autoreferenziale e co-gestore degli “Enti bilaterali” – proponendosi come docile strumento al servizio dei soliti “poteri forti”.
Attraverso l’escamotage degli “Enti bilaterali” si decideranno in futuro assunzioni e licenziamenti, si farà formazione, si “flessibilizzerà” ulteriormente il lavoro e si aumenterà la dipendenza dei lavoratori dalle direzioni aziendali, diminuendo le tutele legali e rendendo il lavoro dipendente in modo sempre più pieno ed evidente una merce, mentre invece è parte, inscindibile dal tutto, dell’esperienza esistenziale delle persone e un loro carattere “istitutivo”.
Non è bastato, dunque, lo scudo fiscale concesso quale regalo e premio alla grande evasione, dalla mafia agli speculatori finanziari, da una certa Confindustria ai trafficanti di droga che muovono centinaia di milioni di euro … la distruzione creatice innescata dalla crisi prevede anche l’attacco al lavoro dipendente e, in ultima analisi, all’Etica stessa, se si concepisce l’Etica come Logos, cioè come razionalità ed equilibrata distribuzione della ricchezza e del potere.
Riflettano su questo brutto e insidioso accordo, dunque, tutti i lavoratori, siamo essi impiegati o operai, iscritti alla Fiom o non iscritti, aderenti ai sindacati “che hanno tradito” o non aderenti, perché il momento storico è grave e solenne, e fra tre anni – alla scadenza del contratto dei metalmeccanici in via di rinnovo – niente sarà più come prima.
Fonte: http://anchesetuttinoino.splinder.com/post/21542808/ATTACCO+AL+LAVORO%3A+IL+NUOVO+CO
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