lunedì 10 agosto 2009

L’odio e la paura, il linguaggio per parlare con gli italiani

E’ ufficiale. Da sabato 8 agosto l’Italia è diventata un paese più sicuro. Questo è ciò che sostiene la maggioranza di governo dopo l’entrata in vigore del pacchetto sicurezza e nello specifico delle famigerate ronde e del reato di clandestinità. Avevamo già trattato questi due temi nei mesi passati, evidenziato le forti perplessità evidenziate da fonti autorevoli in merito alle ronde nere o più semplicemente alle ronde politiche, e analizzando il decreto sicurezza in merito all’immigrazione. Di fatto i forti dibattiti emersi non hanno però portato a sensibili cambiamenti delle proposte di legge, facendo dunque proseguire per la loro strada quelle idee propinate come necessarie per la sicurezza del paese.

Proprio l’8 agosto, durante la cerimonia in ricordo dei minatori italiani immigrati morti nel disastro di Marcinelle in Belgio, il presidente Giorgio Napolitano, parlando della tematica dell’immigrazione, ha dichiarato che «Il ricordo delle generazioni che hanno vissuto l’angoscioso periodo delle migrazioni dalle regioni più povere dell’Italia e hanno affrontato condizioni di lavoro gravose ed estremamente rischiose deve costituire ulteriore motivo di riflessione sui temi della piena integrazione degli immigrati così come su quelli della sicurezza nei luoghi di lavoro. Si tratta di esigenze sociali e civili e di diritti fondamentali, il cui concreto soddisfacimento sollecita massima attenzione ed impegni coerenti da parte delle istituzioni e di tutte le forze sociali».

Anche Gianfranco Fini, presidente della Camera, ha voluto aggiungere che «Considerare gli immigrati come “ospiti momentanei” significa ”non aver capito nulla”. Le istituzioni si devono ‘impegnare perchè la storia di domani sia fatta da italiani che saranno tali pur se nati altrove». Fini ha poi aggiunto che «Il lavoratore va rispettato anche se non ha les papiers, i documenti. L’emigrazione italiana non è stata soltanto caratteristica del nostro meridione. Quanti veneti, quanti piemontesi, quanti lombardi emigrarono. Questo vorrei che lo ricordassero quegli esponenti politici che oggi in Italia rappresentano una parte degli elettori del nord. Da Marcinelle viene l’insegnamento a rispettare l’immigrato: all’epoca gli italiani che lavoravano in Belgio non erano extracomunitari soltanto perchè quella parola non era stata ancora inventata, ma spesso erano considerati diversi, i “musi neri” e in alcuni casi c’era la scritta “non entrino gli italiani“. La loro sorte non era molto diversa dalla sorte che hanno i lavoratori stranieri che oggi vengono in Italia. Poi, è chiaro che dobbiamo integrarli garantendo la sicurezza, ma dobbiamo soprattutto rispettarli come uomini e come donne». Parole quelle dell’ex leader di AN che sorprendono molti, soprattutto perchè parlano di una tolleranza e rispetto estranei a forze politiche alleate del suo attuale partito.

Prevedibili le forti reazioni della Lega, esternate da Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione normativa: «Il lavoratore in quanto uomo o in quanto donna merita sempre rispetto anche se irregolare: ma con il dovuto rispetto va anche processato ed espulso, quando non sia in possesso dei requisiti necessari, perchè così dice la legge, approvata dal Parlamento». Molto più duro invece il commento in serata di Umberto Bossi: «Noi andavamo a lavorare non ad uccidere la gente». Probabilmente il Senatur dimentica con troppa leggerezza quanto fanno comodo gli immigrati agli industriali del nord, che sottopagandoli e spesso facendoli lavorare in nero permettono all’economia italiana di andare avanti. Gli immigrati, per il 70% entrati clandestinamente in Italia (dati Censis), producono il 7% del nostro PIL. Sicuramente non ammazzano il conto in banca degli imprenditori lombardi.

Le parole del Senatur, congiuntamente alla campagna mediatica promossa da molte emittenti televisive nei mesi passati, fortemente incentrate nel documentare fatti criminali nei quali erano protagonisti extracomunitari, sono tutte riconducibili ad un’affermata strategia politica vincolata alla paura e all’odio. Spesso emerge un contrasto in merito alla percezione della realtà. Le persone vicine al governo sostengono che il controllo di emittenti televisive (mediaset + rai), e quindi del tipo di informazioni che vengono propinate ai telespettatori, non sia determinante per determinare le intenzioni di voto, e che i cittadini capiscono da soli ciò che accade nel paese. Eppure i dati raccolti dalla seconda metà del 2007 parlano di un progressiovo calo dei reati. Ciò è stato però contrapposto da una sempre maggior richiesta di sicurezza. Quando la società chiede qualcosa, ma i dati reali parlano di una realtà differente, la divergenza tra questi due aspetti può essere giustificata solo da un errore nella comunicazione delle informazioni. Dire ad un cittadino quanto è in pericolo, sicuramente non lo renderà più sereno, ma anzi, farà crescere in lui paura e odio nei confronti dei responsabili.

di Diego Tomasoni

http://www.dirittodicritica.com/2009/08/10/lodio-e-la-paura-il-linguaggio-per-parlare-con-gli-italiani/
FONTE

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