di Pierfranco Pellizzetti
Alla Festa Democratica Nazionale, la figlia anoressica di antiche kermesse de l’Unità in programma a Genova dal 22 agosto, si annunciava una bella overdose di confronti bipartisan. Sembra – invece - che gli invitati governativi si piegheranno al diktat del ministro Ignazio La Russa con cui li incita a disertare l’appuntamento per le colpe degli organizzatori, presunti rei di lesa maestà berlusconiana (che curriculum quello dell’Ignazio: da paninaro sanbabilino a gran ciambellano di corte!).
Vada come vada, intanto il calendario dei dibattiti è stato reso pubblico e subito sorge un dubbio: i programmatori “democratici” che hanno scelto i temi della parata che porta il titolo “Le parole della democrazia”, che idee si sono fatte dell’argomento?
Tra una “sicurezza” e un “Nord”, si direbbe proprio che il loro vocabolario sia stato largamente copiato da quello degli avversari. A ennesima riprova di quel vassallaggio psicologico, di quella sottomissione culturale che condanna il maggiore partito d’opposizione rimasto ancora sul terreno alla scimmiottatura maldestra, prima ancora che all’inseguimento ininterrotto.
Se così non fosse, i neofiti della democrazia avrebbero indicato ben altri terreni di confronto, certo più coerenti con i principi a cui dichiarano di ispirarsi. Che ne so: controllo (del Potere), alternanza, partecipazione/deliberazione, consenso sociale… Magari quell’integrazione europea che ormai risulta desaparecida.
Invece, proprio dall’impostazione generale che è stata data alla discussione, è facile prevedere il solito, flebile e imbarazzante tentativo di farsi accreditare proprio dall’avversario come omologhi, soltanto un po’ più light. Ma con la medesima agenda. Per cui il governatore “democratico” della Regione Liguria può impancarsi ad antemarcia di quella pagliacciata del dialetto nelle scuole; per cui non si sentono voci ufficiali che protestino per quella pericolosa ridicolaggine degli alpini in ronda per Genova. Che sta indignando un popolo genericamente democratico. Come l’altra settimana dalle parti di Porto Antico, di fronte all’Acquario, quando una pattuglia ferma un ragazzo di colore che non dava fastidio a nessuno, gli fanno esibire i documenti (che sono in regola) e con cui iniziano a parlottare concitatamente; si presume per ragioni dimostrative (e l’immigrato parla un italiano molto più corretto di quelli che lo stanno tampinando). A un certo punto il militare dalla piumetta sul cappello estrae il manganello con fare minaccioso, probabilmente sicuro del consenso da parte del capannello di cittadini che si stava raccogliendo attorno. Ma la reazione è contraria: belìn, ma cosa fai… e lasciatelo in pace… Il vigilante sceso dalle valli capisce che non è aria e ripone l’attrezzo. Ma cosa avverrà quando il civico presidio non sarà lì a impedire gli eccessi?
Insomma, ci stiamo incamminando a grandi passi lungo una china molto scivolosa, spinti da paure create artificialmente e demagogie da quattro soldi, che vellicano e accreditano mediaticamente i peggiori istinti un tempo repressi.
Il punto di arrivo è qualcosa di ancora indefinibile ma – comunque – risulta l’esatto contrario della democrazia.
Mentre questa deriva è sotto gli occhi di tutti (o – almeno – di chi vuol vedere), che fanno i nostri adorabili democratici? Ci rifilano questo rosolio di luoghi comuni, che – tuttavia – ha un effetto collaterale devastante: li accredita come unico pensiero pensabile per quanto riguarda il governo politico della nostra società.
Vale la pena di ricordare a questa combriccola di cazzeggiatori che Democrazia è regolazione del conflitto, istituzionalizzazione della protesta e discorso pubblico sulle strategie condivise per costruire il futuro? Aggregazione politica di istanze sociali?
E chissenefrega del placet di La Russa o della defezione di Carfagna.
fonte: http://temi.repubblica.it/micromega-online/festa-democratica-cazzeggio-bipartisan-al-rosolio/
FONTE
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