domenica 2 agosto 2009

UN’ALTRA PAROLA SU DDL SICUREZZA

Chi sei mio Altro?

L’Altro sei tu, in piedi di fronte a me. L’Altro sono io in confronto a te. L’Altro sono tutte le persone attraverso le quali costruisco la mia identità di persona, uguale ma distinta. Se non ci fosse l’Altro, non esisterei come essere umano, non potrei utilizzare il mio intelletto. Gli uomini creano barriere per questo, frontiere che dividono Me e Te, Noi e Loro. Sono barriere gli steccati e i muri. Sono barriere il mare e le montagne. Grazie a quelle riusciamo e definirci come gruppi di persone, comunità. Perché l’uomo senza comunità non è uomo. Ma la differenza è la base dell’identità, se elimino la differenza, perderei le mie coordinate, avrei bisogno di un altro Altro. La differenza è ricchezza. La differenza è somiglianza.



Ora, cos’è per un’Italia freneticamente xenofoba l’Altro? È lo straniero. È diverso, è strano e incomprensibile. Eppure è simile, forse troppo, per questo ci spaventa. Qual è il popolo che più spaventa la Lega? Quello musulmano senza dubbio. Ma si tratta di un popolo? Sono tutti uguali questi islamici pazzi che vogliono costruire moschee dappertutto? Cos’ha in comune un Marocchino, con una Pakistana, un Somalo, un Algerino? Oppure con un Cinese? Pochi sanno che esiste un’etnia musulmana in Cina. Qual è il loro denominatore comune? La religione. Ma sarà uguale una religione sparpagliata per i due terzi del mondo? Tipo di questioni che la Lega non si pone. Si tratta di Paesi fondamentalisti, progressisti, filoamericani, filo africani. Paesi dove spesso convivono diverse confessioni religiose, e dove talvolta ci si ammazza per la prevaricazione di una sola. L’immigrazione musulmana non è dunque quella di un popolo compatto nelle idee e negli intenti. Spesso, anzi, la nostra ignoranza in materia ci fa vedere dei musulmani dove non ce ne sono. Utilizziamo delle coordinate ancora razziali per definire un credo. All’inizio del secolo scorso un certo Franz Boas, antropologo tedesco emigrato negli States, sostituiva alla parolina “Razza” quella ideologicamente più positiva di “Cultura”. L’intento era di accantonare l’idea razziale di civiltà, di dimostrare che non è la “razza” a influenzare un individuo. Bensì la cultura; intesa come insieme di regole, valori, interdizioni, usi e costumi che si trasmettono di generazione in generazione. In grosso non è il colore che ci distingue ma la nostra storia, la configurazione del mondo secondo i nostri antenati. Ovviamente tutto ciò non è immobile né perituro. Il contatto attraverso gruppi umani fa sì che questa configurazione cambi, come risposta al tipo di contatto. Se due comunità si fanno guerra, la storia di entrambe si concentrerà sulle differenze esistenti fra le due.

Ecco dunque che la comunità Padana della Lega nasce dall’auto- definizione di una differenza. Il Nord è differente dal Sud. Il Nord è differente dal Marocco. Il Nord è differente dal Mondo. Bella forza, ora che l’hanno detto loro, ci sentiamo liberi di scagliarci contro qualcuno. Il clandestino è un criminale. Ma come si fa a riconoscere un clandestino da un immigrato regolare secondo la logica razzista? In alcun modo, ovvio. Nel saggio di Alessandro Dal Lago, “Non- persone”, (incredibilmente anticipatorio), leggiamo di un uomo di colore che viaggiava sul treno: i passeggeri hanno chiamato la polizia perché credevano fosse un clandestino. Quando arrivarono le Forza dell’Ordine, si scoprì che il suddetto era un Italiano! Ebbene, ciò che si attua oggi è una semplice sostituzione del termine “cultura” a quello di “razza”, si cambia il termine ma non il significato, come non avrebbe desiderato Boas. Quindi un clandestino non è semplicemente un irregolare, è soprattutto Africano o Arabo o Indiano, ecc. A chi verrebbe in mente di controllare i documenti a uno Statunitense? In pubblica piazza? Si sente invece il bisogno di vedere uomini e donne umiliati, messi alla gogna, perché “diversi” dalla nostra fisionomia. Le carceri sono strapiene d’immigrati, e non perché siano più criminale degli Italiani come penseranno i maliziosi. Essi sono semplicemente più visibili, più “colpevoli” di altri. Le ronde si fondano proprio su questo principio: scagliarsi contro questi esseri “troppo visibili”, che hanno avuto il coraggio di emigrare in Italia e pretendono anche di girare per le strade.

Io non sono nessuno. Non sono un politico famoso, né un opinionista, né un prete o un vescovo. Sono una studentessa, non sono cattolica, né musulmana né indù. Rispetto con occhio critico ogni religione. Vedo qualcosa che non mi piace e vorrei dire la mia. Se tutti gli Italiani, che non amano questa legge xenofoba, facesse lo stesso e cercasse di diffondere il loro pensiero. Sarebbe un passo in avanti.

Valentina Tomasini
FONTE

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