mercoledì 19 agosto 2009

Il grado di giudizio zero: la vicenda dell’onorevole Francesco De Luca

di Alessandro Tauro

Ne veniamo a conoscenza per la prima volta durante la scuola media o al più durante i primi anni delle superiori. Un insegnante di storia entra in aula per la lezione di Educazione Civica (fondamentale materia introdotta dal compianto storico leader della Democrazia Cristiana Aldo Moro) e spiega a noi poveri studentelli ancora troppo acerbi per comprendere bene il tutto cosa significhi il termine processo.

Scopriamo i significati di innocenza e colpevolezza, la differenza tra processo civile e processo penale ma, soprattutto, scopriamo che esistono 3 gradi di giudizio al termine dei quali è possibile stabilire con certezza se una persona è colpevole di un reato contestatogli o meno.

Nessuno ci aveva mai spiegato che non tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge e che c’è qualcuno che può usufruire di un ulteriore grado di giudizio, che precede gli altri tre. Un grado di giudizio zero.

Quella che segue è una storia che possiamo definire quasi vecchia. Sono passati 3 mesi da quando essa ha avuto fine.

E’ una storia passata sotto silenzio, probabilmente perché apparentemente comune a tante altre. Eppure è una vicenda di un’importanza epica. E’ quella che istituisce e spiega cosa è il grado di giudizio zero.

La storia è quella dell’onorevole Francesco De Luca, classe 1961, Popolo della Libertà.

Il 12 maggio 2008 la Procura di Milano invia presso la Camera dei Deputati una formale richiesta di acquisire i tabulati telefonici di tre utenze riferibili al deputato De Luca (una privata, una intestata al Senato della Repubblica ed un’altra intestata ad un certo Alfonso Caputo). Lo scopo del pubblico ministero consiste nel verificare la sussistenza dell’ipotesi di reato di tentata corruzione che vedrebbe protagonista lo stesso De Luca.

Dalle intercettazioni effettuate sul telefono di Barbara Sabadini, avvocato difensore di 4 camorristi imputati di omicidio presso il Tribunale di Milano, sembrerebbe emergere un accordo tra il legale dei 4 mafiosi e l’onorevole De Luca, finalizzato alla corruzione del giudice di Cassazione incaricato del processo finale a carico dei quattro imputati.

Lo scopo della raccolta dei tabulati consisteva nel verificare se De Luca si fosse mai messo realmente in contatto con il magistrato di Cassazione.

Francesco De Luca ha rigettato le accuse sin dall’inizio, spiegando che si trattava di promesse fatte senza un reale intento e che in nessun modo aveva tentato di mettersi in contatto con il giudice di Cassazione.

Espresse quindi la chiara volontà che si acconsentisse alla raccolta dei tabulati. Voleva uscirne pulito ad ogni costo.

Una scelta encomiabile, ma che i suoi colleghi non avrebbero mai potuto vedere allo stesso modo. Accettando la richiesta legittima di un giudice avrebbero creato un pericoloso precedente: i giudici avrebbero potuto entusiasmarsi troppo e si sarebbe rischiato di mettere a repentaglio lo spirito corporativistico e cameratesco che alberga nei corridoi, nelle aule e negli uffici di Montecitorio.

E fu così che la richiesta venne irrimediabilmente rigettata. Dalla Giunta per le Autorizzazioni prima e dalla Camera in seduta plenaria poi, con soli 44 voti a favore della richiesta del magistrato (deputati IDV e qualche esponente PD sfuggito alla tentazione dell’astensione).

Leggendo le motivazioni del diniego parlamentare scopriamo così che esiste questo famoso grado zero di giudizio, con valore propedeutico per gli altri, e che a differenza dei normali processi non richiede motivazioni sensate, visto che le motivazioni per cui si rifiuta la richiesta sono le seguenti:

Sisto (Popolo della Libertà): "Il giudice relatore della causa (il magistrato di Cassazione presunto corrotto, ndr) è persona di inattaccabile probità e di professionalità notoria, anche in virtù di numerose apprezzate pubblicazioni".

Paolini (Lega Nord): "Gli elementi contenuti nella documentazione pervenuta rivelano solo preliminari e forse non autentici scambi di intese tra soggetti vari che non sono sfociati mai in un approccio con il pubblico ufficiale. Siccome di tale proposta (la corruzione, ndr) non vi è traccia negli atti, la sua condotta sarebbe un tentativo di istigazione alla corruzione".

In altre parole, il magistrato cerca prove per l’ipotesi di corruzione. Per averle chiede di utilizzare i tabulati telefonici. Questi gli vengono negati perché il magistrato li sta chiedendo senza avere prove.

E basta questo contro-senso fatto sillogismo per emettere un vero e proprio verdetto di innocenza.

Senza alcuna possibilità di proseguire le indagini, 3 mesi fa, nel maggio scorso, i pm responsabili dell’inchiesta hanno archiviato il tutto.

Per somma gioia dello stesso De Luca e dei suoi colleghi parlamentari e di Luigi Ferrarella del Corriere che lo definisce prosciolto.

Grazie al grado zero. Della cui esistenza eravamo completamente ignari.

Tutta colpa di Aldo Moro.

fonte: http://www.agoravox.it/Il-grado-di-giudizio-zero-la.html
FONTE

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