mercoledì 19 agosto 2009

Il business dell’eolico: dagli arresti in Sicilia alle bombe in Puglia, così la mafia diventa ”ambientalista”

”Un palo a Mazara non si alza se non lo voglio io”. E’ questa una delle frasi intercettate diversi mesi fa dalla polizia e pronunciata da Matteo Tamburello, presunto mafioso di Mazara del Vallo, mentre discuteva dei progetti sui parchi eolici siciliani. Poco tempo dopo, nel febbraio 2009, l’operazione Eolo portava in carcere otto persone tra imprenditori (uno di Trento) e politici trapanesi, tutti accusati di essere scesi a patti con la mafia per la costruzione delle strutture per l’energia alternativa.

E’ il business del vento. Un settore che a fine 2008 in Italia conta almeno 242 impianti eolici, per un totale di 3.538 Megawatt. Puglia e Campania, da sole, ospitano il 43% del totale nazionale degli impianti, sia in termini di numero che di capacità. La Sicilia segue subito dopo e con la Sardegna raggruppa il 26% circa degli impianti. A fornire i dati è stato, il 10 agosto scorso, il Gestore dei servizi elettrici (Ges).

Le cosche siciliane, però, non si sono interessate solo al vento “regionale” ma, tramite alcune società, hanno cercato di mettere le mani anche su quello pugliese dove il 17 luglio scorso due pale eoliche in località SantAgata di Puglia, vicino Foggia, sono state fatte saltare in aria con la dinamite. A costruirle è la società palermitana Ser-1 (fa parte della Api holding) che ne sta installando 51 in un comune che ne vanta già 85.

Il meccanismo “di appropriazione” da parte delle organizzazioni criminali è semplice: un’impresa ottiene le convenzioni regionali per gli impianti, compra i terreni dai contadini pagandogli un affitto irrisorio e una volta installate le pale ottiene sovvenzionamenti statali e ricavi. Un procedimento molto simile a quello messo in atto anche in Campania, dove la Camorra comprava a prezzi stracciati terreni che poi rivendeva allo Stato per creare zone ”provvisorie” di stoccaggio dei rifiuti.

Le prime avvisaglie dell’interessamento della mafia al vento pugliese, però, c’erano state già nel 2008, quando un’operazione dei Carabinieri aveva smantellato una cellula brindisina della Sacra Corona Unita (Scu) che mirava a far soregere sui terreni di Andrea Bruno, ritenuto a capo dell’organizzazione, un impianto eolico.

Per dare l’idea del business, basti sapere che la Puglia è la prima regione in Italia per l’energia alternativa ricavata dal vento, con 946 Megawatt prodotti ogni anno, una settantina di impianti installati ed altri in costruzione. In Italia, inoltre, il prezzo pagato per ogni megawattora prodotto dal vento è 180 euro, mentre in Germania è di 79 euro, un dato che fa capire come costruire eolico sia conveniente anche se le pale non funzionano a pieno regime. A questo si somma la compravendita delle autorizzazioni per la realizzazione degli impianti, con veri e propri intermediari che spesso si inseriscono tra le imprese e le istituzioni: presentano i progetti e ottengono il via libera che viene successivamente venduto alle società costruttrici per centiniaia di milioni di euro. Figure grigie su cui sta indagando la procura calabrese di Paola.

Per gestire i lavori dei parchi, oltre all’acquisto dei terreni tramite prestanome, i boss usano i canali tipici della ”colonizzazione mafiosa”. Controllano le attività subappaltate e i servizi che non si possono trovare fuori regione, come il movimento terra e la fornitura del cemento e di inerti.

In Sicilia, in particolare, sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati è finita la società ’Calcestruzzi Mazara Spa’ dove sarebbe stata messa a punto la strategia operativa per la costruzione del parco eolico a Mazara del Vallo, con la designazione dell’impresa “Sudwind” per la realizzazione dell’opera. La ‘Calcestruzzi Mazara’, in questo caso, secondo gli investigatori della Mobile di Trapani, ”ha costituito anche lo strumento attraverso il quale sarebbe stato realizzato il più importante obiettivo dell’intera operazione: il monopolio della fornitura del calcestruzzo alla societa’ costruttrice”. La gestione dell’intera operazione, compresa la stipula di una convenzione con il Comune di Mazara del Vallo, “fu affidata a Vito Martino – imprenditore mazarese di 41 anni, consigliere comunale di Forza Italia, arrestato con l’operazione ‘Eolo’ - che, seppure all’opposizione, era in ottimi rapporti con l’amministrazione comunale in carica e con i funzionari del Municipio”.

Legami, contatti e zone grigie nelle quali le mafie si stanno inserendo per sfruttare al meglio il business delle energie rinnovabili. Il prossimo passo sarà – è lecito sospettarlo - quello verso gli appalti per il nucleare.

fonte: http://eftorsello.wordpress.com/2009/08/18/il-business-delleolico-dagli-arresti-in-sicilia-alle-bombe-in-puglia/#comments
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