lunedì 10 agosto 2009

Gasparri: sulla RU-486 decida il parlamento. Non la donna, per carità!

Il senatore Maurizio Gasparri se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Essendo trascorsa gran parte dell’estate senza che sia finito sui giornali, la scialba imitazione dell’attore Neri Marcoré ieri ha pensato bene di farsi notare, che per lui significa dire qualcosa di stupido al puro e precipuo scopo di attirare l’attenzione su di sé. Il fortunato tema prescelto è la pillola abortiva RU-486, della quale di recente è stata autorizzata la commercializzazione in Italia dopo anni di discussioni dall’Agenzia Italiana del Farmaco. Dice Gasparri: “Il Parlamento ha la possibilità di svolgere attività ispettive e conoscitive su ogni materia. E spesso si occupa di cose molto meno importanti che il diritto alla vita, la corretta applicazione della 194, e vicende delicate come quella della Ru486. Con tutto il rispetto dell’Aifa, il Parlamento è molto più importante ed è legittimato dal voto dei cittadini“. E poi arriva il necessario corollario: “Non si può delegare a tecnici privi di legittimazione democratica una decisione che attiene al diritto alla vita“.

Ammettiamolo: il ragionamento non fa una grinza, anzi: è anche dotato di un fascino innegabile. Perché dovrebbe essere un medico (o addirittura un paziente, orrore!) a decidere su questioni attinenti al diritto alla vita? Dovrebbe decidere la politica, che diamine. Anzi: da oggi in poi, quando qualcuno si presenta in condizioni gravissime in sala operatoria e c’è da scegliere se operarlo o meno, smettiamola con questi inutili dibattiti tra i parenti dell’infermo e chi lo ha in cura. Facciamo decidere direttamente Gasparri! D’altro canto, chi può essere più qualificato di un politico a decidere sulla pelle di un cittadino? E infatti Barbara Saltamartini e Gaetano Quagliarello si sono immediatamente accodati al buon Maurizio, dicendo che sì, questa è robbba nostra, dobbiamo decidere noi, perché non dovremmo? Già, perché?

Lo spiega Lietta Tornabuoni sulla Stampa: “Chi vuol prendere la pillola antiabortiva RU486, la prende. Chi non vuol prenderla (per motivi medici, etici, religiosi, varii) non la prende. Nessuno è obbligato a nulla. La scelta è chiara, semplice: infatti in altri Paesi europei questo farmaco è liberamente in vendita. Da noi, no. Da noi la Chiesa cattolica, dotata di un potere politico che è oppure sembra forte, che altrove ha già perduto la partita, che non pare avere fiducia nell’obbedienza e osservanza dei suoi fedeli, ha già dato inizio a tutte le possibili pressioni negative. Non si tratta affatto di ragioni di principio. La ragione di principio cattolica riguarda l’aborto (come il divorzio, anch’esso legale in Italia): non le sue modalità. Il farmaco RU486 è una modalità semplificante, che riduce le complicazioni e il lavoro degli ospedali, che allevia i disagi e dolori delle donne: in tempi varii si prendono tre pillole, e basta. Non è quindi per motivi di principio che la Chiesa avrebbe già ottenuto dal governo diverse difficoltà altrove inesistenti: mancata libera vendita del farmaco, assunzione del farmaco soltanto in ospedale (dove i medici ricevono pressioni per dichiarare la propria obiezione di coscienza) e con ricovero (si sa quanto difficile), eccetera. A quale scopo? Dare tormento, fare dispetto, scoraggiare? Sarebbe un’assurdità. Anche in passato, quando la clandestinità, i divieti della Chiesa, la minaccia di galera e i pericoli erano molto più gravi, le donne che si trovavano nella necessità di abortire, abortivano. Nessuna compie un atto simile con leggerezza o fatuità, senza che sia indispensabile: non si può dire infatti che gli aborti siano diventati spensierati da quando sono stati legalizzati. Neppure è possibile ipotizzare che la Chiesa voglia ad ogni costo seguitare a circondare l’aborto di un senso di castigo, di punizione, di dolore: sarebbe davvero crudele, e inutile. Invece pure questo può sembrare un banco di prova del proprio potere politico nei confronti del governo italiano, a spese (come è già capitato troppe volte) delle donne. E’ un esercizio che ignora le persone e serve esclusivamente alle gerarchie: non è una bella cosa, e per un governo non confessionale dovrebbe essere inaccettabile”. Chiaro, semplice, lineare. Purtroppo, non per Gasparri.


http://www.giornalettismo.com/archives/33247/gasparri-sulla-ru-486-decida-il-parlamento-non-la-donna-per-carita/
FONTE

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