martedì 11 agosto 2009

FALLITO L’ATTACCO AL SULTANATO(?)

Da circa quattro mesi gli “affaires” Berlusconi, i suoi dietro le quinte sessuali, imperversano su “Repubblica” e “L’Espresso”, sull’”Unità” di Concita De Gregorio e su buona parte della stampa estera. Dal Noemigate al Cicchittogate, (perdonate il neologismo), passando per Bari, Tarantini, la D’Addario, l’Angelina Jolie nostrana, all’ex forzista Guzzanti. Immagini di feste, orge, notti insonni, docce gelate, candidature, poltrone ministeriali, tombe fenicie, abusi d’ufficio, ricettazioni, corruzione si fanno strada nell’intricata rete del sultanato. Tanti pezzi di un immenso puzzle, che pian piano mostra le molteplici teste dell’Idra Berlusconi. Ora si comprendono meglio le intercettazioni Berlusconi- Saccà, i suoi commenti sulla “pericolosità” di certe ragazze, della necessità di “farle lavorare”. Si capisce anche l’urgenza di zittire i magistrati, di legare loro le mani. A quanto pare, ogni telefonata fatta dal premier e dai suoi scagnozzi meriterebbe un’indagine approfondita.

Eppure la scoperta dei retroscena non sembra dare i suoi frutti sull’opinione pubblica. Anzi, il messaggio del “gossip” è passato anche tra gli infedeli, lo scandalo è accantonato come vita privata. Non mi dilungherò ancora sulla questione “vita privata- vita pubblica” del Primo Cittadino Italiano, non ricorderò ancora che Clinton è stato inquisito per molto meno, molti di coloro che leggeranno lo sapranno già, gli altri dovranno approfondire la loro conoscenza della Costituzione. Per me le cose sono chiare, la vita privata del Papi d’Italia è quanto di meno privato ci possa essere poiché travolge in pieno il Parlamento, le cariche amministrative e le poltrone europee.

Ma perché allora l’attacco non ha funzionato? E perché alcuni quotidiani hanno ritenuto, e ritengono, loro dovere insistere sui vari “gates”?

Forse l’era Berlusconiana ha causato un tale cambiamento, sulla concezione di Bene e Male, da portare a credere che un “pettegolezzo” possa valere più di uno scandalo per Mafia. Forse speravamo che l’Italia assuefatta dal gossip e dalle veline avrebbe trovato pane per i suoi denti pettegoli , speravamo avrebbe gridato “al lupo, al lupo”, che avrebbe divorato il Papi padrone come il pubblico di Uomini e Donne divora i suoi tronisti. Non è accaduto.

Abbiamo forse sperato di far leva sulla coscienza di quei cattolici che ancora ci credono, di coloro che s’indignano e credono nella morale e nell’etica. Coloro che la morale preferiscono praticarla piuttosto che imporla. E noi; Laici e Cattolici, Atei, Buddisti e quant’altro abbiamo sperato, invocato una parola dalla Chiesa perché fermasse questo scempio. Ci feriva, e ci ferisce, tuttora che la gerarchia ecclesiastica abbia dato solo un “buffetto” sulla guancia al nostro premier, ignorando anche le richieste di chiarezza dal basso, dei piccoli preti e dei credenti. Ci ferisce che sia invece insorta all’arrivo della RU486/, a dimostrazione che non dormiva e non era in vacanza, semplicemente si voltava dall’altra parte.

Coloro che hanno cercato l’indignazione e non l’hanno trovata credevano forse in un’Italia morale, che si preoccupa degli altri, spesso aggredendoli, ma che almeno reagisce. Si sono abbattuti invece contro il muro dell’indifferenza, del disinteresse, dell’ammirazione addirittura.

E allora mi balza alla mente il ricordo del portavoce di Prodi, Sircana, messo in croce da opposizione, Chiesa e telegiornali per aver fermato un transessuale. Mi ricordo di esponenti dell’UDC scoperti a fare festini di sesso e cocaina, e del pronto intervento di un parlamentare, (non mi ricordo chi, scusatemi), che chiedeva più fondi per fare in modo che i colleghi potessero raggiungere le mogli, giacché i festini indicavano sicuramente un eccesso di “nostalgia”.

Mi accorgo ecco che la morale all’italiana è qualcosa di veramente anomalo. A volte confonde la morale con il moralismo, spesso attacca la debole minoranza per non attaccare la forte maggioranza. Conduce vere e proprie guerre verso chi non si può difendere, verso fenomeni spesso marginali o statisticamente irrilevanti.

La Chiesa crede di avere il monopolio della morale, di essere l’unica depositaria, come la maggior parte delle religioni teistiche. Ma mi sorprende, o forse no, che l’unica morale che si vuole imporre sia quella situata in mezzo alle gambe delle donne, o sul letto di morte dei malati. Una morale aguzzina, che non osa guardare più in là di un’interpretazione vecchia di secoli, e che si appropria della scienza solo quando diventa utile, come nel caso del testamento biologico. Mentre rifiuta quella scienza che può servire a migliorare la qualità della vita, a renderla più sopportabile, come un abortire dopo aver subito una violenza sessuale. Una morale che nel suo scatenarsi dimentica le cose piccole piccole: per esempio non è morale permettere a una donna di partorire di nascosto per paura di vedersi prendere il figlio. Non lo è sostituirsi alla coscienza degli uni e perdonare quella di altri. Non lo è zittirsi davanti ai pestaggi a stampo razzista. Non è morale pensare a un feto come vita, senza tutelare la vita della madre. Non è morale chiudere gli occhi quando conviene, mentre una vera e propria pulizia etnica è pronta a cominciare. Poi però penso: la Chiesa stette zitta sui crimini del fascismo in cambio dei Patti Lateranensi; allora sì mi sembra tutto normale.

Mi accorgo che l’Italia è un campo di battaglia tra giganti: Stato, Mafia e Chiesa si alleano e si disputano tra loro secondo gli interessi, il popolo ha perso ogni diritto di imporsi, non è affar suo. Questo popolo che ha spesso rinunciato volontariamente alla sua sovranità, delegando e delegando all’infinito per potersi finalmente occupare del suo orto. Oramai abbiamo tutti sguardi da schermo televisivo, non riconosciamo un film da una guerra vera, tutto ciò che vediamo non ci tocca né ci colpisce, confondiamo il reale dall’irreale e viceversa. Ciò che ci dicono ci basta, mette in pace la nostra coscienza di umili peccatori, non iniziamo battaglie inutili perché ci sarà qualcuno che ci indicherà quelle necessarie. Abbiamo fatto anche l’ultima concessione ai poteri forti, il nostro spirito critico.

Di Valentina Tomasini
FONTE

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