venerdì 14 agosto 2009

Facebook ed i social network

di Alessandro Iacuelli

(Abbiamo pubblicato un articolo in risposta a questo scritto di Alessandro Iacuelli. Lo si può leggere cliccando qui , n.d.r.)

Ho sempre preferito altri strumenti che mi piacciono (i wiki, le radio via web, i blog): tutti strumenti che non prevedano meccanismi forzati di interazione (ancora quel taggami-addami-reqquami e tutte queste minchiate che tanto piacciono). Per quanto riguarda i social network, dove anche l'interazione tra persone è instradata, non mi piace quello che producono, quello che iniettano nelle relazioni umane: è l'ennesimo network che disgrega, ghettizza, emargina. Come l'eroina. E non approfondisco sulla profilazione delle utenze: mi pare non ci sia molto da dire (per ora, dopo sì). Non è che io voglia dire che "Facebook è il male", sia chiaro! Il "male" semmai è nelle forme con cui vengono catalogate e instradate su binari le relazioni.

Tra l'altro dietro tutto questo c'è una rovina maggiore (che è anche une deviazione pericolosa): quella di prendere queste tecnologie come garanzie di funzionalità e soluzioni di problemi che risalgono a ben altre cause... Io che di queste tecnologie me ne occupo per lavoro, vedo in pieno come siano poco funzionali al pubblico. Sono funzionali, sì, ma non al pubblico di u-tonti (non più utenti) che l'usano. Esistono tra l'altro cose molto più funzionali (spesso ancora in sviluppo come tutte le applicazioni web), e con idee motrici con meno fini commerciali e di controllo, per cui se proprio uno vuole comunicare tramite social network, che lo faccia! E' anche bello! Ma c'è sempre roba migliore, come ad esempio CrabGrass.

Io ho trovato decisamente migliore sviluppare un blog. Ma i blog stanno morendo perchè la gente preferisce migrare verso i social... Amen. E se gli indichi, alla gente, qualcosa di interessante come questo, neanche capisce di che cosa si sta parlando.

Non è un problema in sè, nel senso che Facebook non è e non può essere eterno, ma è un qualcosa in grado di crollare molto presto, e non solo perchè magari "passa la moda", crolla semmai perchè la piattaforma di Facebook fa acqua da tutte le parti, già poco tempo fa è apparso il primo "virus" basato su Facebook; tecnicamente, Facebook si basa si basa su un insieme di API (Application Programming Interface) che fanno talmente acqua che non solo permettono furti di dati e identità quotidianamente, ma che permettono anche di creare tanto di quel rumore che sfido tutti i programmatori a incatenarsi ai propri terminali per tentare di risolvere tutti questi problemi di sviluppo. Per cui è anche facile che presto qualcuno che si vuole divertire, e recuperare un po' di Gioia (vedere uno dei paragrafi precedenti) rovinando Facebook, si metta a fare software per generare rumore (Usenet è morta così, per il rapporto segnale-rumore bassissimo), o magari implementare qualcosa di simile al famoso copyBot che ha fatto perdere milioni di dollari a SecondLife, e continua a rompergli le scatole ed a metterla in ginocchio, dopo aver frenato il boom modaiolo di SecondLife... semplicemente copiando e spostando dei files XML!

Nel frattempo, grazie alla palese disalfabetizzazione non solo informatica, ma anche tecnica, della gente, Facebook è riuscito (senza far parlare dei soldi che ci girano dietro! E se non si parla dei soldi sembra che non ci siano) ad incrementare il processo di disgregazione delle comunità locali, ad alimentare l'illusioria gratificazione del click, quella soddisfazione di non aver bisogno di essere "umani", reali, per essere amici.

Sarò sboccato, ma viene incontro a una società dove si scopa sempre meno, sempre peggio e sempre più a pagamento, e dove la logica del "pago, dunque pretendo" sta contaminando totalmente i rapporti tra le persone.

Oltre a tutto questo, ci sta facendo accettare che la socialità sia un qualcosa di misurabile, ma che siamo diventati...? I cittadini di SimCity? Se la socialià di una persona si misura dal numero di amici che ha su Facebook... sbaglio o ricompare ancora quella mania del contarci, contarci, contarci?

Poi c'è la politica, e quella non dobbiamo dimenticarla mai. E' anche noioso non doverla dimenticare, ma tant'è: c'è e dobbiamo farci i conti.

In questo caso la politica ha un nome: Peter Thiel. E' uno dei tre solo tre componenti del consiglio di amministrazione di Facebook, ed è anche uno degli inventori di PayPal.

Thiel sostiene da anni fondazioni e lobby mediatiche di estrema destra che non fanno mistero dell'appartenenza a un'ideologia specifica. E Thiel ha una barca di soldi (e non dice chi glieli ha dati). La barca di soldi è talmente grande, da farlo diventare uno dei più potenti venture capitalist del mondo, ma non solo: è membro del 527 Group, e chi non sa cosa è farebbe bene a leggere il link, visto che è una lobby che influenza la politica ed i candidati alle elezioni, e come se non bastasse è anche nella Methuselah Foundation... (brrrrrrrrrrrrrrr, a me queste cose fanno venire i brividi).

Allora, lasciando perdere quel che si legge in giro, io dico la mia a muso duro: Thiel è un agguerrito conservatore, preme attraverso il 527 Group per l'abolizione delle tasse (e dunque dello Stato democratico), finanzia le potenzialità delle intelligenze artificiali, pone la sua fiducia finanziaria nei progetti di rivitalizzazione umana e di allungamento della vita, è di destra, è potente, è ricco sfondato, ed è convinto, come ha dichiarato a viva voce, che l'umanità tutto sommato "sia composta di pecore". Ma allora, se pensa questo dell'umanità, ed è un consigliere d'amministrazione di Facebook, per lui Facebook che cosa è? L'amministrazione del gregge? Come si può pensare che a un individuo simile interessano le relazioni umane, o il fatto che la gente possa socializzare, al punto di "donare facebook all'umanità"? Come è possibile, visto che aderisce al transumanismo, al quale neanche Hitler era arrivato?

E su questo argomento mi fermo qui, visto che un'analisi politica approfondita su Facebook riempirebbe di KiloBytes questa pagina anche troppo, dovrei fare una serie di post, e non ho la minima intenzione di farli.

Ma una cosa la si può dire: di solito gli "strumenti" e le "tecniche" sono neutre, ma per favore non venitemi a dire che Facebook è neutro. E' una creazione di Thiel, e Thiel non fa le cose a caso. Crea gabbie, invece che romperle.

Infatti, permette di "incastrare" l'utente, tramite la profilazione. Cosa fa l'utOntO medio? Si iscrive, gli dice chi è, gli dice quali sono i suoi interessi, gli dice chi sono i suoi amici, con l'aiuto di applicazioni come test e cazzate varie permette di aumentare la precisione con cui si fa il data mining e lo si mette in gabbia.

Il tutto con il consenso dell'utente, anzi dell'utonto. L'utonto è invogliato a fornire questi dati, crede di averne bisogno. Il risvolto psicologico che ha sull'utOntO medio, che torna a casa dopo 10 ore di lavoro malpagato, è la soddisfazione personale (o almeno l'illusione) di essere in contatto con altre persone nonostante il poco tempo libero che si ha.

Morale della favola: come ogni buon prodotto/servizio, Facebook si infila in un vuoto, che in questo caso è il vuoto relazionale di persone che hanno orari sempre più standardizzati, relazioni e rapporti sempre più standardizzati, "amicizie" sempre più standard, modi di vestire, mangiare, guardare, comprare, cacare e scopare sempre più standard (sul cacare standard ci torno tra poco...). Un vuoto relazionale che diventa vuoto anche ideologico, ma soprattutto vuoto di idee e di modi di vedere la vita. Poi, chi si accorge di questo vuoto, tenta di colmarlo (Guccini docet: le magie di moda delle religioni orientali che da noi nascondono soltanto vuoti di pensiero) non con delle proprie idee, non con un pensiero indipendente e specifico, ma abbracciando qualche fede, meglio se una filosofia orientale, il buddhismo (occhio alla acca), o cose del genere. Ancora una volta, sono risposte biografiche a problemi sistemici. Chi invece non se ne accorge, vive scambiandosi files PowerPoint dalla mail dell'ufficio, mandandosi link idioti e fasulli a cose che sembrano scritte per far indignare sul come va la società (ma tanto sono commerciali anche quelle, e lo si vede dal numero di gadget-magliette-spille-dvd-biglietti che si vendono), tipo beppegrillo e robe del genere, e poi passa il resto del tempo a lamentarsi di mutui e rate da pagare.

In questo scenario alienato, arriva Facebook: ha "comprato" la concezione del corpo, dei rapporti con le persone, dell'uso migliore del tempo libero (ma migliore per chi? E' solo standardizzazione del tempo libero!), della cultura e del linguaggio.

Alla fine, anche la profilazione e i dati personali non servono più, vanno in secondo piano. Non serve sapere come ti chiami o i tuoi gusti, tanto si è riusciti ad importi di vivere secondo un modello standardizzato. Modello che spinge alla creazione del bisogno di farsi vedere e guardare.
Quindi, il problema è più a monte di quello di una mancata alfabetizzazione. E' sociale.

Fonte: http://alex321.splinder.com/post/20954844/.%3A+Fermata+%3A.
FONTE

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