mercoledì 5 agosto 2009

Intrecci tra mafia e politica: boss mafiosi candidati per evitare il carcere

di Simone Pomi

«Uno scrittore che denunciava le gesta della malavita locale eliminato a colpi di pistola, un boss dell’industria nucleare implicato in grandi affari internazionali, un ministro dell’Interno che si dimette mentre la magistratura l’accusa di collusione con la criminalità organizzata, un “uomo d’affari” che nuota nel mare della mafia locale aiutato da banche e banditi».

Questo è l’inizio di un articolo che parla della Bulgaria di questi ultimi anni, un paese che riesce in questi giorni, nonostante questo grosso scandalo, a far approvare in parlamento uno emendamento unico nel suo genere. Una nuova legge che darà ai boss mafiosi il diritto di candidarsi, con l’aggiunta di tre settimane d’aria per la campagna elettorale. I bulgari sulle schede potranno ritrovarsi Ivan Ivanov, accusato di una frode per svariati milioni di euro o Plamen Galev, finito in carcere in attesa del processo per truffa e corruzione. Se vinceranno le elezioni potranno garantirsi l’immunità per i prossimi quattro anni.

Uno spunto dalla storia di Galev la rende quasi ironica, perché Dupnica, la sua città natale , è considerata la Little Italy della Bulgaria. Un nome dovuto ai migranti partiti per l’Italia negli anni passati, in cerca di lavoro. In carcere con Galev finì anche l’ ex vicepremier Alexandr Tomov. L‘uomo, anche ex presidente del Cska Sofia, fu arrestato per aver preso in prestito venti milioni dalle casse dello stato.

Questi fatti di cui sopra sembrerebbero da paese non democratico, ma purtroppo collegarsi all’Italia su questo argomento è drammaticamente facile. La nostra storia politica, e nella fattispecie quella degli ultimi trent’anni, conserva tutt’ora un alone fatto di intrecci e affari con la malavita, di strane amicizie mai totalmente spiegate e di legami poco consoni alla vita onesta che ci si aspetterebbe da uomini politici di un paese membro del G8. Un esempio di tutto ciò ci arriva in questi giorni dal tribunale di Palermo dove si sta svolgendo il processo d’appello al senatore Marcello Dell’Utri. Quest’ultimo nel 2004 fu condannato in primo grado a 9 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Considerato il co-fondatore di Forza Italia, secondo quella sentenza , egli «costituì un concreto, volontario, consapevole, specifico e prezioso contributo al mantenimento, consolidamento e rafforzamento di Cosa nostra». Inoltre «vi fu la prova che costui promise alla mafia precisi vantaggi in campo politico e, di contro, vi è la prova che la mafia, in esecuzione di quella promessa, si era vieppiù orientata a votare per Forza Italia». Dell’Utri è tuttora in parlamento con il Popolo delle Libertà.

In questi ultimi giorni si sono aggiunte nuove prove ai danni dell’imputato. È stata ritrovata una lettera che, secondo le indiscrezioni degli inquirenti, la mafia inviò all’attuale presidente del consiglio, l’On. Silvio Berlusconi. Un lettera strappata a metà che, come racconta Massimo Ciancimino, figlio dell’ ex sindaco mafioso di Palermo, gli fu consegnata da Pino Lipari, consigliere politico di Bernardo Provenzano, ad un incontro nel villino di San Vito Lo Capo in cui erano presenti entrambi . Sempre secondo Ciancimino, Marcello Dell’Utri fu il tramite tra Provenzano e Berlusconi, tanto che il Procuratore generale Antonino Gatto ha dichiarato negli scorsi giorni che il testo di questa missiva scritta a mano potrebbe «dimostrare la continuità dei rapporti intercorsi tra l’imputato Dell’Utri e Cosa Nostra siciliana». Ecco la foto e il testo della lettera:

«Quanto alla posizione politica intendo portare il mio contributo (che non sarà di poco) perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi. Sono convinto che questo evento onorevole Berlusconi vorrà mettere a disposizione le sue reti televisive».

Il 17 settembre la Corte deciderà se accettare la lettera come prova e lo stesso giorno si avrà la requisitoria sul processo. Per ora è tutto rinviato. Ricollegandoci invece al discorso iniziale, è interessante mettere a confronto anche la classifica di Transparency International, che quantifica il livello di corruzione in ogni paese del mondo.
La Bulgaria è all’ultimo posto come paese europeo, e 72° a livello mondiale. E l’Italia? Solo sei posizioni sopra quest’ultima e al 55° posto nella classifica globale. Che siano i simili legami tra politica e malaffare a contribuire a questa posizione dei due paesi europei? Una canzone di Big Sha, il rapper più popolare della Bulgaria dice «Molti paesi hanno la mafia. Qui è la mafia ad avere il paese». Italia e Bulgaria sono oramai molto vicine. I bulgari però ne sono consapevoli.

fonte: http://www.dirittodicritica.com/2009/07/15/intrecci-tra-mafia-e-politica-boss-mafiosi-candidati-per-evitare-il-carcere/
FONTE

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