mercoledì 5 agosto 2009

Il mostro mediatico

Conversazione con Oliviero Beha
a cura di Elisabetta Reguitti
(Rassegna Sindacale, 23-29 luglio 2009)

Oliviero Beha ha scritto I nuovi mostri, una amara e spietata fotografia delle macerie intellettuali del nostro paese in cui il sistema mediatico ignora tutto e lo peggiora, e i sedicenti intellettuali vi si adeguano servendo il padrone politico, come Arlecchino, sui due fronti: quello di Berlusconi e – “nominalmente” – quello contro Berlusconi.

Chi sono i nuovi mostri?
In una società mostruosa è essenzialmente il sistema mediatico a essere mostruoso di suo e a creare i buchi nei quali sprofondiamo. I nuovi mostri sono figli della dipendenza totale, o quasi, dal sistema mediatico.

"Crescete e prostituitevi", "Italiopoli" e ora "I nuovi mostri". Oliviero Beha come una Cassandra capace di prevedere il tempo funesto in cui è sprofondato il nostro paese?
Più che essere Cassandra o profeta di sventura si tratta di guardare quello che si ha sotto gli occhi e non avere paura di raccontarlo. Dalla situazione della sanità italiana ai costi della politica si ha il quadro della situazione: argomenti di grande attualità visto che ogni giorno ne salta fuori una. La differenza con gli altri è che da un lato non ho scrupoli o interessi da difendere (quindi parlo e scrivo liberamente), e dall’altro cerco di tenere tutto insieme. Una delle caratteristiche più critiche della nostra informazione è, infatti, quella di non associare le notizie tra loro per cercare di fare capire il contesto.

Dal suo punto di vista l’informazione deve sempre stare all’opposizione al di là di chi c’è al governo?
Non capisco la terminologia anche se è di gran moda. Il giornalismo informa: su quello che succede e su quello che accade ma che non dovrebbe succedere. Se quindi il suo è un modo per dire che il giornalismo deve stare dalla parte della legalità, naturalmente la risposta è sì. Il giornalismo, per definizione anglosassone, deve essere il cane da guardia a difesa della libertà dagli eccessi del potere. Ma da un pezzo il giornalismo italiano non lo è più.

Perché in Italia più che in altri paesi a un giornalista viene chiesto da che parte politica sta?
Perché in Italia, soprattutto dal maggioritario in poi, come scrivo ne "I nuovi mostri", si sono creati ad arte alibi per far schierare un buon numero di giornalisti con o contro Berlusconi. Questo fa sì che la realtà, l’informazione sulla realtà, venga tagliata nettamente in due. Chi è con Berlusconi è legittimato a informare il proprio pubblico sulle magagne degli avversari mentre gli altri devono fare l’esatto opposto contro Berlusconi e il suo entourage. Il problema è che la realtà non si presta a questi giochetti e l’opinione pubblica rimane senza informazione. Oggi il popolo italiano vota senza sapere praticamente nulla.

Un tempo gli intellettuali fungevano da pungolo del potere. Oggi?
Oggi gli intellettuali, tornando a ciò che scrivo nel libro, per essere noti devono andare in televisione e dunque passare sotto le forche caudine dei committenti dei programmi televisivi che hanno direttamente o indirettamente dei padrini politici.Tutto dipende dalla politica, dunque, e gli intellettuali in Italia vengono utilizzati come fossero un bancomat.

Nel suo libro (e in teatro con Italiopoli) lei fa riferimento a un articolo di Pietro Citati che su Repubblica nel gennaio 2007 parlava dei pericoli che la democrazia corre, e della possibilità che le innumerevoli mafie di questo paese possano saldarsi per chiudere ogni effettivo spazio di libertà senza che nessuno se ne accorga.
Sono passati ormai due anni e mezzo da quando è stato pubblicato quell’articolo e ad esso non è seguito alcun tipo di dibattito o osservazione, né a favore né contraria. La prova che nel giornalismo italiano non esistono le condizioni per fare di questi temi una questione pubblica.

La si vede in tv solo per parlare di calcio. È per questo che ha scelto di fare anche teatro?
Ho scelto di fare teatro perché i mezzi di espressione, informazione e comunicazione sono per me praticamente proibiti ed essendo proibiti cerco altri mezzi. Considero il teatro civile una forma di espressione e comunicazione molto importante.

Il dissenso è ormai l’unica pratica possibile di libertà e di democrazia nel nostro paese?
Sì, visto che in questo paese non c’è democrazia, se non fittizia, il dissenso che tende a informare è l’unica forma di comunicazione possibile.

fonte: http://www.italiopoli.it/?r=78816
FONTE

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