venerdì 7 agosto 2009

I "nullafacenti" dell'Innse

di Oreste Pivetta

Mentre Berlusconi calava sul prato di Milanello per dettare la campagna acquisti, i quattro operai dell’Innse e il sindacalista della Fiom guardavano il cielo del capannone dalle altezze del carro ponte, quel carroponte che servì a muovere anche il serbatoio dei missili francesi. In entrambi i casi divieto d’accesso. In via Rubattino la questura aveva ordinato che nessuno, neppure quelli del sindacato, mettesse piede tra quelle mura: vietato, come esemplificava peraltro la doppia fila degli agenti all’ingresso.

Tutti qui sono in attesa. Qualcuno aveva chiesto: si faccia avanti Berlusconi. Anche la Fiom di Rinaldini aveva chiesto che il governo finalmente si facesse vivo con un’idea, almeno con un invito a ridiscutere. Ma è difficile riprendere a discutere, mentre alle spalle ti smontano le macchine: allora, fermiamo almeno lo smontaggio. Brutta storia quella dell’Innse. Ieri ne ha scritto anche il giuslavorista e parlamentare Pd, Pietro Ichino: «L’Innse, i riti stanchi e gli operai traditi, questo il titolo». Che ne penseranno gli operai traditi?
«Ma non si possono scrivere cose del genere su un giornale che leggono anche le famiglie», diceva uno del presidio. «Fossimo in Svezia e i padroni fossero brave persone...», precisava un altro. «Non si può usare A per parlare di B. A non c’entra un beato cazzo con B». Confusione del giuslavorista, allora? Si spieghi meglio: «Eh sì, confusione. Perché A è l’Innse ed è una fabbrica che funzionava e che sarebbe potuta andare avanti bene con la sua specialità, con la sua professionalità, con il suo lavoro, e B è la crisi generale e chiunque può accertare come lo stato dell’Innse non abbia alcuna relazione con la congiuntura nazionale e tanto meno con quella internazionale. La storia è solo quella di un signore, il Genta, che vede uno stabilimento, vede macchinari che possono funzionare, ha l’occasione di acquistare tutto in saldo e adesso vuole far cassa rivendendo».

Quante Innse ci saranno in Italia? Allora bisognerà pure trovare una via d’uscita: il sostegno al reddito, la mobilità, l’aggiornamento professionale, la scuola e infine l’approdo ad un nuovo posto di lavoro.
«Ma non siamo in Svezia o in Danimarca. In Italia non c’è niente. Per noi non c’è neanche la cassa integrazione». Magari ci sarà per molti di loro la pensione, come dice il Genta che ha convocato la sua conferenza stampa in un albergo del centro milanese: «Venticinque potrebbero accedere tranquillamente alla pensione». Per qualcun altro si potrebbero fare carte false. Il concetto è chiaro: si vada alla rottamazione. E per gli altri? Ricollocazione: nel senso di qualche posto da commesso al supermercato. «In fondo - fa capire il Genta - sono solo quarantanove». Quarantanove più, quarantanove meno, che cambia? La caduta, secondo il Genta, sarebbe potuta arrivare su un tappeto di velluto.

Dalla resistenza dei quarantanove si dovrebbe capire che le cose non stanno esattamente come racconta Genta, che gli operai difendono il lavoro, non solo il salario, nel momento in cui il capitale abdica alla sua funzione storica e si dilegua. «Vogliamo fare gli operai - spiega Gino - non vogliamo fare i tronisti. Possibile che non ci sia un imprenditore che voglia fare l’imprenditore?». Pare di no.
Maria Sciancati fa la segretaria dei metalmeccanici Fiom a Milano. È uno dei “volti più noti” in questi giorni davanti alla Innse di via Rubattino: «Questa gente non s’è fatta più di un anno di presidio perchè le piace stare in via Rubattino. Ha voluto dire che il lavoro in questo mondo è ancora centrale, che si deve trovare il modo di far funzionare ancora un’azienda sana. Al contrario di quanto sostiene qualcuno, l’Innse non è un capannone decotto. Sono stati loro, i lavoratori, i protagonisti di questa battaglia. Non c’è stata strumentalizzazione da parte del sindacato, che non ha usato proprio nessuno e niente per presunti suoi fini politici. Non siamo di fronte a una banda di nullafacenti, definizione del signor Genta, ma a lavoratori che si battono per salvare un lavoro prima che il salario e che chiedono a un imprenditore di fare l’imprenditore. Se Genta non è capace, faccia il commerciante: può essere più utile per lui e per tutti. Rifacendo la storia, si sarebbero dovute valutare meglio le persone cui si affidano per pochi soldi aziende che escono dall’amministrazione controllata».

Come ci si sente dopo tanti giorni? Che speranze ci si può dare? «Sembra solo che cerchino di tirare in là per rovinare tutto. Come se volessero dare una lezione, un avvertimento...», risponde Claudio. «Nessun segnale dal governo», lo segue Maria Sciancati. Ripetiamo: quante Innse ci saranno in Italia? «Non dipende da noi sapere quante Innse ci saranno. Dipende dalle aziende. Nel senso che la radicalità della lotta dei quarantanove lavoratori di via Rubattino è la risposta alla radicalità della scelta di un imprenditore, che chiude e licenzia». La risposta è di Gianni Rinaldini, segretario nazionale Fiom.
06 agosto 2009


fonte: http://www.unita.it/news/economia/87114/i_nullafacenti_dellinnse
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