domenica 22 novembre 2009

Continuate ad avere paura

- PIOVONO RANE di Alessandro Gilioli -

«Fare da sentinella nei quartieri delle città. Annotare targhe di macchine sospette, affacciarsi se un cane abbaia o se nei pressi dell’appartamento del vicino si aggira qualche faccia poco rassicurante, o denunciare la presenza di un clandestino nel vicinato


La sperimentazione è partita a Caronno Pertusella, nel varesotto, nel cuore delle terre leghiste. Dove Gianfranco Caccia ha dato vita al sito www.controllodelvicinato.com e creato il logo che sarà utilizzato in tutta la regione». (da Repubblica).


Mi raccomando, continuate ad avere paura.



State chiusi in casa, doppia mandata, col taccuino pronto se dalla finestra vedete un’auto sospetta o uno con la faccia da clandestino. Guardate solo la tivù e diffidate di Internet che è piena di pedofili. E meno male che fuori c’è chi pensa alla nostra sicurezza.




http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/11/22/continuate-ad-avere-paura/
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Le mani su Cose nostre. Se la mafia ricompra i beni sequestrati

- di Maria Zegarelli -

Si chiama «Verbuncaudo», c’è chi dice si estenda per 150 ettari e chi ne aggiunge altri 90 del terreno confinante. Si trova vicino a Polizzi Generosa, Palermo, Sicilia. Michele Greco, il «Papa» di Cosa nostra, lo acquistò dalla società Sat: un colpaccio perché quel feudo era il simbolo, l’ennesimo, dello strapotere del boss dei boss.

C’era un’ipoteca, importante, e la questione andava risolta. Subito. La pratica fu seguita direttamente dal clan dei Croceverde che chiamarono i Salvo e detto fatto ne ottennero in quindici giorni la sospensione, con decreto del ministero delle Finanze. Poi, quando il «Papa» fu arrestato, il potere temporale sui suoi beni andò a farsi benedire e Verbuncaudo fu confiscato. E assegnato al Comune di Polizzi nel 2007, che lo accettò a patto che venisse destinato ad un’associazione impegnata nel sociale. Si individuò la Cooperativa «Placido Rizzotto Libera Terra», ma ecco che rispunta l’ipoteca. La cooperativa non può pagarla, il Comune neanche. Verbuncaudo rischia di essere venduto, malgrado sia stato assegnato perché mancano i soldi per l’ipoteca.

C’è già chi è pronto ad acquistarlo, gente potente. Si tratta dei familiari di Greco. Sono cinque anni che fanno pressione con i loro avvocati. Ma se alla Camera non viene cassato l’emendamento alla Finanziaria votato al Senato - presentato da Maurizio Saia, (ex An) quello che Gianfranco Fini definì «un imbecille», quando accusò di lesbismo Rosy Bindi ministro della Famiglia - sono 3213 i beni confiscati alla malavita e non ancora assegnati che rischiano di finire sul mercato. Le cosche sono pronte. Perché rimettere le mani su quella «robba» attraverso prestanome è facile, e perché farlo equivale a confermare che i tentacoli si spezzano ma sono pronti a ricrescere. E dove non arrivano le casse dello Stato e degli enti locali arrivano quelle di Cosa nostra.

Il «cassiere» della Banda della Magliana, Enrico Nicoletti, a Monte San Giovanni, nel Frusinate, possedeva un fabbricato a cui tiene ancora parecchio. È la casa natale dei genitori, legami affettivi che non si spezzano mai. Anche quello potrebbe tornare sul mercato. Idem per l’azienda bufalina con terreno, 8 ettari e oltre 2000 capi di bestiame fino al 2005, a Selvalunga, nel Grazzanise, dove Walter e Francesco Schiavone (Sandokan, boss dei Casalesi) hanno fatto il bello e il cattivo tempo. Don Luigi Ciotti ha l’elenco pronto di tutti gli immobili. «a rischio»: li venderà simbolicamente martedì mattina a Roma alle ore 11 presso la Bottega della legalità «Pio La Torre» in via dei Prefetti 23. Batterà lui stesso l’asta, perché a volte devi ricorrere a questi gesti simbolici se vuoi scuotere coscienze che basta troppo poco per riaddormentarle. Saia con il suo emendamento al Senato ha fatto sì che se passano 90 giorni dalla confisca senza assegnazione tutto torna sul mercato.

«Con l’approvazione di questo emendamento è tradito l’impegno assunto con il milione di cittadini che nel ’96 firmarono la proposta di legge sull’uso sociale dei beni confiscati alla mafia - dice Don Ciotti -. Se la Camera confermasse la decisione di vendere all’asta gli immobili sarebbe enorme il rischio di restituirli alle stesse organizzazioni criminali». Virginio Rognoni, cofirmatario della legge Rognoni-La Torre è incredulo: «Venderli è una sconfitta per lo Stato, l’emendamento è un atto molto grave che non ha giustificazioni».

Nella sua relazione presentata al governo nel novembre 2008 il commissario straordinario, Antonio Maruccia, magistrato di Cassazione, diceva, tra l’altro: «Le proposte conclusive del Cnel si sono concentrate, avuto riguardo alla destinazione dei beni, nella indicazione della necessità di vietare la vendita dei beni, per evitare che possano essere nuovamente acquistati, tramite prestanomi, dagli stessi soggetti a cui sono stati sottratti». Inoltre, il Cnel, nelle «osservazioni e proposte» del 29 marzo 2007 ribadiva la necessità di «affidare a una nuova struttura, specializzata ed avente solo tale funzione, il compito di gestire il transito dei beni dalla confisca alla collettività, dotando la stessa di poteri, finanziamenti e personale tecnico e specialistico necessario».

Stesse conclusioni nella Relazione approvata all’unanimità dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle mafie nel novembre 2007, relatore Giuseppe Lumia, che si occupò proprio dei beni confiscati. Si legge: «Il punto critico attiene proprio alla particolare origine dei beni, che sono divenuti demaniali per effetto dell’azione di prevenzione; tale origine determina la continua pressione della criminalità destinataria dei provvedimenti, tesa al recupero dei beni o, quantomeno, a renderli inutilizzabili, in un’ottica che suona come aperta sfida alle istituzioni incaricate di affermare la sovranità delle ragioni democratiche». Per questo, secondo la Commissione, è necessario non far rientrare la gestione e la destinazione di quei beni alle competenze generali dell’Agenzia del Demanio. Sarebbe molto più indicata un’ Agenzia centrale, ribadisce il documento, anche sulla base di tutte le audizioni effettuate durante l’indagine. Ma l’Agenzia centrale non è mai nata. L’emendamento, invece, sta lì, in attesa di essere definitivamente licenziato alla Camera.


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http://unita.it/news/italia/91608/le_mani_su_cose_nostre_se_la_mafia_ricompra_i_beni_sequestrati
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Dialogo di condominio

- di Marco Travaglio -

Se Dio (anzi Silvio) vuole, riparte il “dialogo sulle riforme”. Il pizzino di Schifani ha sortito gli effetti sperati, Fini s’è messo paura e Bersani ancor di più: se si vota subito, sono spacciati entrambi. Bastava vedere il berlusconiano Quagliariello, la finiana Perina e la bersaniana Bindi l’altra sera ad Annozero: tre zuccherini. La finocchiariana Finocchiaro ha sentito profumo d’inciucio e, da esperta del ramo, ci si è fiondata: ha proposto un’“agenda delle priorità condivise” (il dizionario inciucesco non è mai stato così ricco di modulazioni).

Indimenticabile la scena di due primavere fa, quando il noto senatore di Corleone fu candidato alla presidenza del Senato e il Pd, non trovando uno statista del suo calibro da contrapporgli, si astenne sul suo nome (mentre Di Pietro votava Borrelli) e lo applaudì appena eletto. La Finocchiaro, ritenendo riduttivo un banale applauso, lo baciò con trasporto. Poi un giornalista andò da Fazio e ricordò che Schifani era stato socio di due tipetti poi condannati per mafia. Prim’ancora che Berlusconi avesse il tempo di difendere Schifani, provvidero per lui la Finocchiaro, Violante e D’Avanzo (oltre al solito poveraccio con le mèches che, frequentando pregiudicati e latitanti, si scandalizza se un giornalista frequenta magistrati perbene).
Ora, grazie a Marco Lillo, si scopre che il presidente del Senato con cui fissare l’agenda delle priorità condivise non solo assisteva come avvocato alcuni fra i più noti mafiosi di Sicilia (questo si sapeva, ma non è mica un problema, no?). Ma si adoperò pure per “sanare” un famigerato immobile di Palermo eretto abusivamente da un costruttore mafioso con metodi mafiosi per ospitare mafiosi e rampolli di mafiosi: la figlia di Bontate, i killer latitanti Bagarella e Brusca, il medico mafioso Aragona. Chissà le assemblee di condominio, che spettacolo. L’amministratore, Frank Tre Dita (impossibilitato per ovvi motivi a votare su delega per più di due assenti), dava il via alla discussione dando la parola al signor Ciccio. Il quale però veniva subito interrotto da Bagarella che, senza fiatare, poggiava delicatamente il kalashnikov sul tavolo. Al che il signor Ciccio preferiva fingersi afono, a beneficio del signor Leoluca. Questi proferiva la parola “minchia”. Poi si passava alle varie ed eventuali in un clima di perfetto dialogo, sia pure muto.

Un giorno Brusca e Bagarella litigarono perché non era opportuno trascorrere entrambi la latitanza nello stesso palazzo: l’inconveniente fu risolto con un’agenda delle priorità condivise, latitando un giorno per uno. Ogni tanto fra i Bontate, i Bagarella e i Brusca scoppiava una lite per le cantine: la donna delle pulizie dimenticava sempre qualche ossicino di bambino sciolto nell’acido o nella calce viva. Una volta il fuochista addetto al riscaldamento confuse i bidoni dell’acido con quelli del cherosene, danneggiando l’impianto centralizzato. Ma alla fine le delibere erano sempre all’unanimità: i condòmini non votavano per millesimi, ma secondo i rispettivi ergastoli. E, da regolamento, solo chi ne aveva almeno due poteva interloquire.

Qualcuno ricorda quando un nuovo inquilino, il signor Gigi, ignaro di tutto, lamentò certi rumori sospetti provenienti da casa Brusca, tipo urla disperate di esseri umani. Brusca replicò con una frase smozzicata e incomprensibile. Nella successiva assemblea la vedova del signor Gigi, ancora in gramaglie per il recente lutto, raccontò che il marito era finito inavvertitamente in un pilone di cemento armato del garage, e comunque quei rumori sospetti se li era sognati. Notizia accolta con sollievo dall’intera assemblea. Quando poi il giardiniere, zappettando nell’aiuola delle ortensie, rinvenne una ventina di tibie e teschi umani, l’avvocato del condominio, un omino col riporto, si precipitò a rassicurarlo: “Ma lo sa che siamo capitati proprio sopra una necropoli etrusca?”. Ecco, è lì che il nostro futuro statista forgiava la sua alta sensibilità istituzionale. In vista dell’agenda delle priorità condivise.
(Vignetta di Bertolotti e De Pirro)(Vignetta di Bertolotti e De Pirro)




http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/?r=85820
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Gradisca Presidente: le verità di una donna, le bugie del premier

- di Peter Gomez -

Chi lo acquisterà, e saranno in molti, andrà subito a leggere le pagine più hard: quelle in cui Patrizia descrive la sua notte di sesso a Palazzo Grazioli. Un racconto che noi de Il Fatto Quotidiano abbiamo però deciso di non pubblicare perché Gradisca Presidente, l’autobiografia della D’Addario, scritta a quattro mani con la brava collega del Corriere della Sera, Maddalena Tulanti, è un libro che deve spingere a riflessioni di carattere politico. Ragionamenti che ruotano tutti su cosa è accaduto prima dell’ingresso della escort di Bari nella camera da letto di Silvio Berlusconi. E su cosa è successo dopo. Non durante.

Sfogliando le pagine del libro si ha infatti l’impressione di scivolare a poco a poco in un noir ambientato non a Bari o a Roma, ma a Caracas o Bogotà. Metropoli decadenti dove i politici si controllano comprandoli (o ricattandoli) con festini e ragazze a pagamento. Città dove le vite degli uomini e delle donne non valgono niente, e quelle delle prostitute ancora di meno. Gli esempi in Gradisca Presidente si sprecano: Patrizia, non appena svela alla sua amica Barbara Montereale, un ex billionarina più volte ospite del premier, e al suo ex protettore di essere in possesso delle ormai celebri registrazioni degli incontri con il Cavaliere, comincia ad essere minacciata. Prima con telefonate anonime d’insulti (tutte incise su nastro). Poi con vere e proprie aggressioni. Sua madre viene presa a pugni; un Suv, sotto gli occhi di due testimoni, tenta di buttare l’auto della escort fuori strada; un cliente che si qualifica come ex carabiniere le mette a soqquadro la casa e tenta di violentarla. Quindi arrivano i (presunti) servizi segreti. Patrizia non ha ancora testimoniato davanti ai magistrati, non è ancora stata intervistata dal Corriere, ma un signore l’avvicina per strada e mostrandole un tesserino le dice: “Ministero dell’Interno. Hai mai conosciuto politici importanti negli ultimi tempi?”.

Da quel giorno si moltiplicano le strane visite (tutte denunciate in tempo reale) di energumeni che tentano di farsi aprire la porta di casa qualificandosi come appartenenti alle forze dell’ordine o addirittura presentandosi in divisa. Infine l’ormai celebre furto, avvenuto durante la campagna elettorale in cui la escort era stata candidata al comune dal centrodestra, nella lista La Puglia prima di tutto del ministro Raffaele Fitto.



Un colpo da professionisti. Spariscono computer, diari, vestiti (vengono rubati persino gli slip), ma viene lasciato un nuovo e costosissimo televisore al plasma. È a quel punto che la donna capisce di star rischiando la vita. E quando la security non l’ha fa entrare a una manifestazione elettorale alla quale partecipa anche il Cavaliere, lei, sempre più impaurita, prima si rivolge a un giornalista di Oggi e poi si trova un avvocato.



Quella di Patrizia è insomma un’allucinante escalation del terrore. Una storia da paura sulla quale oggi sta ancora indagando la magistratura, ma di cui dovrebbe occuparsi prima o poi anche il Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, giusto per fugare il sospetto che dietro alle violente pressioni sulla super-testimone ci siano ambienti istituzionali. Di materiale per mettere Berlusconi alle corde, del resto, la D’Addario ne aveva molto. Non per niente , pagina, dopo, pagina, vengono a galla tutte le bugie utilizzate dal Cavaliere in questi mesi per fronteggiare lo scandalo.

“Era una festa organizzata dai club Forza Silvio e Meno male che Silvio c’è” dice, per esempio, Berlusconi, a Bruno Vespa nel libro Donne di cuori, quando si tratta di parlare della prima cena a cui partecipò la escort barese assieme ad altre venti ragazze venti. Non è vero ribatte lei, ricordando una frase pronunciata da due sue colleghe bisex: “Silvio, qui non si batte chiodo, c’è crisi in giro e noi che lavoriamo in coppia la sentiamo di più”. Certo, ripensando all’ottimismo rispetto alla situazione economica del paese che Berlusconi in quei giorni (autunno 2008) continuava a professare, c’è quasi da sorridere. Solo che il set sul quale il premier si muove non è quello di un film con Alvaro Vitali, ma è l’interno di una residenza di Stato.

Per questo Gradisca Presidente è davvero un libro politico. Perché spinge a chiedersi, come ha fatto sua moglie Veronica, quale sia lo stato di salute mentale di un leader che mette a rischio la sicurezza sua e del Paese pur di essere di continuo circondato da belle ragazze a pagamento. Perché accende i riflettori sull’ipocrisia di un potere che emana leggi per vietare agli altri ciò che invece è permesso alle elite (dalle norme contro i consumatori di droghe anche leggere fino a quelle, poi ritirate, contro i clienti delle prostitute). Perché ci racconta come Berlusconi abbia fatto di tutto per rendersi ricattabile. E come, per uscire dall’impaccio, abbia poi manipolato l’informazione, a partire da quella televisiva, grazie ai giornalisti di corte. Gente che per la carriera ha venduto il cervello. Un organo che, a pensarci bene, dovrebbe valere molto di più rispetto alle pur straordinarie mercanzie offerte da Patrizia.



da Il Fatto Quotidiano del 22 novembre 2009



http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id;_blogdoc=2385427&title;=2385427
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ACQUA DI COLLEFERRO : UN SILENZIO ASSORDANTE

In questa lettera parlerò di fatti, incontrovertibili, su un argomento che ci dovrebbe vedere combattere tutti nella stessa direzione. L'ACQUA. L'acqua e l'inquinamento sono e dovrebbero sempre essere un ossimoro. Non a Colleferro.

L'acqua è un diritto di tutti.
Pur vivendo a Trondheim, dove l'acqua del rubinetto si può bere e dove la gente non sa cosa significhi comprare l'acqua al supermercato, mi trovo a scrivere di nuovo per la triste situazione venutasi a verificare nel comune di Colleferro, in provincia di Roma, mia città natale, dove tutt'ora vive la mia famiglia. Partiamo da una premessa doverosa.
Colleferro è proprio quella cittadina di cui molti hanno sentito parlare nei TG, quella cittadina dove furono sequestrati i termovalorizzatori, perché invece del CDR venivano bruciati rifiuti normali, copertoni e rifiuti tossici. Colleferro è quella cittadina dove nelle falde acquifere è presente il betaesaclorocicloesano, scarto di lavorazione del periodo in cui nel territorio veniva prodotto il lindano (insetticida), sostanza nociva scoperta dopo i controlli della Centrale del Latte di Roma nel 1999 e comunicata alla popolazione soltanto 8 anni più tardi. Quando ormai le persone erano state contaminate. A Colleferro c'è il cementificio dell'Italcementi (memorabile il film di Vittorio De Sica “Lo chiameremo Andrea” dove le scene riferite all'inquinamento della fabbrica furono girate proprio a Colleferro); a Colleferro c'è l'inquinamento pregresso della B.P.D., insediamento industriale intorno al quale nacque la cittadina stessa, che negli anni interrò tonnellate di fusti sotto il terreno creando due vere e proprie colline di rifiuti; Colleferro è stata commissariata tre anni orsono causa la percentuale di polveri sottili presenti nell'aria costantemente sopra il limite consentito; Colleferro è anche quella cittadina dove esplose la fabbrica della Simmel Difesa, che produceva esplosivi. Insomma stiamo parlando di un territorio già contrassegnato da malagestione e da problemi ambientali mai risolti, in cui i cittadini hanno contribuito in modo sostanziale a determinare lo stato attuale delle cose. Coloro che manifestarono contro i termovalorizzatori, ora nei termovalorizzatori vi lavorano, coloro che si fecero incatenare ora sono dirigenti del consorzio che li gestisce. A questo aggiungerei una beffa che in pochi conoscono; lo stesso sindaco che autorizzò la costruzione dei termovalorizzatori contro il parere dell'ASL RM/G, siede ora in Parlamento e chiede finanziamenti statali (che quindi pagano tutti) per la bonifica del territorio. Cornuti e mazziati insomma. Ometto volontariamente il settore malattie. Ce ne sarebbe da parlare per ore. Il Sindaco mandò a casa dei cittadini un opuscolo per dire che le malattie dal 2001 in poi non sono aumentate. Caro Sindaco nell'opuscolo bisognava anche metterci i dati prima della contaminazione e non soltanto quelli degli anni successivi. Colleferro è soltanto la seconda città più inquinata d'Italia, che sarà mai. Bisognerà impegnarsi per raggiungere il primo posto.
Ma dicevamo dell'acqua. Non ricordo a memoria di aver mai potuto bere l'acqua del rubinetto di Colleferro, perchè Colleferro non ha l'acqua potabile da un decennio almeno.
In data 8 Novembre una mia conoscente mi contatta su Skype dicendomi di alcuni manifesti affissi nella cittadina in cui il Sindaco in un comunicato stampa diceva di aver vietato l'USO dell'acqua (vietato persino lavarsi le mani) per alcuni giorni a scopo precauzionale, per un problema risolvibile in pochi giorni. Andai sul sito del Comune vedendo il sopracitato comunicato stampa che a tutto serviva tranne che ad informare. Decisi così di vedere cosa ci fosse dietro perchè non potendo utilizzare l'acqua ci doveva essere una valida spiegazione che trovai nell'ORDINANZA N. 351 DEL 30 OTTOBRE 2009 del comune di Colleferro http://www.comune.colleferro.rm.it/aggiornamenti/redazione/ordinanze/ord351-09.pdf in cui si parlava di contaminazione batterica!!! Data del primo controllo fuorinorma 26 ottobre!!! Dopo un paio di telefonate ai numeri giusti seppi che il danno era stato causato dalla rottura di una fogna e che l'acqua della fogna era penetrata nel pozzo 7 che è quello che fornisce acqua alla zona più grande di Colleferro, interessando una utenza di 20000 persone. Scrissi e pubblicai in data 9 Novembre, cioè dopo due settimane dai controlli fuorinorma, una nota su Facebook per informare quanta più gente possibile della gravità di una situazione di emergenza idrico-sanitaria, vista la mia impossibilità a farlo in modo pratico, vivendo a 4000 km da Colleferro. Il titolo fu : ACQUA DI COLLEFERRO : IL DELITTO PERFETTO (COME FAR CREDERE CHE TUTTO VA BENE IN CASO DI EMERGENZA). http://www.facebook.com/notes.php?id=602566574#/note.php?note_id=168831710668 La gente non era stata adeguatamente informata e per giorni aveva continuato ad usare l'acqua come aveva sempre fatto nonostante nell'acqua ci fosse finita quella che noi comunemente chiamiamo MERDA!!! L'acqua di Colleferro è ricca di coliformi, escherichia coli ed enterococchi, basta cercare su google per capire che si parla di batteri fecali!!! Non voglio neanche sapere se ci sia un rischio epidemia o se ci sia la possibilità di contrarre malattie infettive, quello che mi preme è rendere noto quello che il sindaco pidiellino di Colleferro Mario Cacciotti ha detto in data 10 Novembre, interpellato da due cittadini miei amici che andarono ad informarsi, dopo aver letto la mia nota su Facebook: “...mi è stato consigliato di non dire nulla sulla contaminazione, ma solo di far bollire l'acqua, per non allarmare i cittadini.”
La stessa cosa che consigliò la Commissione Grandi Rischi al sindaco dell'Aquila prima del terremoto del 6 Aprile.
Non credo servano commenti ad una situazione indecente come questa. Non credo serva neanche arrabbiarsi, quando membri del PDL di Colleferro commentano sotto la mia nota che il loro sindaco non ci poteva far nulla. Il Responsabile per l'Ambiente dei Giovani Democratici, peraltro mio amico, scrisse una nota da comizio politico il giorno seguente alla mia, con una sua bella foto in calce. A casa mia si chiama campagna elettorale. Un rappresentante di una associazione, che ha il dono della preveggenza ha dichiarato sul Tempo che lui aveva previsto tutto da due anni. Ma i giornali li ha chiamati 20 giorni dopo. Sono anni che prevede quello che succederà sempre dopo che è successo. Durante una manifestazione ha rischiato il linciaggio. Questo ai giornali non lo dice. A casa mia si chiama pubblicità. E a casa mia una persona così o porta sfiga o è un incapace. Il bello è che tutto viene fatto a spese della salute dei cittadini. Intanto quel “PROBLEMA RISOLVIBILE IN POCHI GIORNI", come da comunicato stampa comunale, dopo la bellezza di 24 giorni è ancora presente. La gente compra l'acqua al supermercato per lavarsi, per cucinare, per bere. Nonostante ora oltre alle merda dal rubinetto esca acqua con più cloro di quella di una piscina. L'Italcogim, ente gestore dell'acqua, avrà sicuramente anche il coraggio di far pagare l'acqua alla merda... già è tanto che l'acqua condita non te la fanno pagare di più. In un paese normale si sarebbe detto alla gente che era interdetto l'uso dell'acqua. Invece di attaccare 10 manifesti, avrebbero dovuto mandare lettere (come in campagna elettorale) o girare per Colleferro con macchina e altoparlante (come in campagna elettorale). In un paese normale la gente doveva scendere in piazza, prendere il Sindaco di peso e fargli bere l'acqua inquinata, visto che lui a Colleferro neanche ci vive; se qualcuno deve prendere una malattia è giusto che la prenda anche lui. In un paese normale non era compito dei cittadini chiamare il Comune per elemosinare acqua, ma doveva essere l'ente gestore a portare acqua potabile a tutti i cittadini. Non si è fatto. Evidentemente la salute è meno importante dei voti. Come sempre.

P.S. Credo che alla luce di quanto successo sia doveroso oltrechè necessario da parte di Sindaco e dirigenti comunali predisporre accertamenti sanitari GRATUITI per tutti coloro che hanno subito questa situazione e questa mala-informazione. Dal comunicato-farsa del 30 ottobre, non ne sono seguiti altri. Sul sito del Comune i comunicati stampa parlano di inaugurazioni per 30 alberi piantati, dopo che ne hanno sradicati migliaia. Sul sito del Comune si parla di bilancio 2009. Hanno risolto il problema dell'acqua. NON PARLANDONE.

Francesco Recchia, cittadino colleferrino in esilio
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Il mondo degli uomini senza qualità

- di EUGENIO SCALFARI -

IL PIU' bello, il più intenso, pieno di significati che vanno al di là dell'epoca in cui fu scritto è il dialogo di Diderot che si intitola "Le Neveu de Rameau". Il protagonista è un tipo umano che l'autore delinea in tutte le sue sfumature facendolo parlare di sé per 150 pagine. Non è neppure un dialogo perché l'interlocutore che formula le domande e che è lo stesso Diderot si limita a sollecitare le risposte. Il protagonista non si fa pregare, è perfettamente consapevole di sé, del suo modo di vivere, dei suoi vizi, della sua intelligenza, della sua disumanità. Anzi: della sua amoralità. Non è immorale ma appunto amorale. Ha perso ogni cognizione della morale, ha cancellato il bene ed il male dal suo orizzonte mentale. I suoi vizi li usa quando sono utili al proprio interesse, altrimenti li tiene a guinzaglio, li reprime. Si maschera. Si presenta al mondo che lo circonda così come il mondo lo vuole. La dominante del suo carattere è l'utile, l'utile per sé.

Questo tipo umano, l'ho già detto, va molto al di là dell'epoca sua. Infatti è stato più volte raffigurato, con qualche differenza rispetto al prototipo che deriva dalle diversità di scrittura degli autori che sono rimasti affascinati da quel tipo umano che ha fatto della disumanità la sua divisa.

Dostoevskij fece qualche cosa di simile scrivendo "Memorie del sottosuolo", dove il personaggio appare ancor più simile al prototipo, ma con un tratto di malvagità in più rispetto all'originale.

Infine se ne occupò anche Rilke nei suoi "Quaderni di Malte Laurids Brigge", dove racconta che l'uomo dispone di molti visi. Esiste da qualche parte un deposito di visi. Quando una persona ha consunto il suo viso e desidera indossarne uno nuovo e diverso, va in quel deposito e ne trova uno che meglio si adatti ai suoi desideri e ai suoi bisogni. Alcuni ne cambiano molti nel corso della loro vita; altri ne consumano meno. Altri ancora, ma sono pochi, restano fino alla morte col proprio viso. Non è detto che siano i più fortunati.
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Nessuno degli autori di questo genere di letteratura ha però raggiunto l'eleganza letteraria e la profondità filosofica di Diderot e la ragione credo sia questa: Diderot sapeva che la morale non è scolpita una volta per tutte ma è un prodotto dell'epoca e quindi relativa. Sapeva anche che l'uomo ha scoperto il bene e il male nel momento stesso in cui ha perso l'innocenza in cui vivono tutti gli altri esseri viventi.

Il "Nipote di Rameau", così l'uomo del sottosuolo, si disumanizzano e in questo modo riacquistano l'innocenza nel senso che perdono la cognizione del bene e del male. Non resta loro che l'istinto della sopravvivenza ed è questo soltanto che guida i loro comportamenti.

Diderot aveva chiarissimi questi elementi conoscitivi ed è questa la ragione per cui il suo dialogo è un pezzo letterario di ineguagliabile potenza espressiva.

* * *

I miei lettori si domanderanno perché ho citato ancora una volta il "Neveu de Rameau" (m'è accaduto di farlo in altre occasioni) e quale pertinenza esso abbia con l'attualità della quale dovrei occuparmi.

A parte il fatto che la nostra attualità è da qualche tempo trita e ritrita e non presenta eccezionali novità, sta di fatto che il tipo umano (disumano) delineato da Diderot sta diventando al giorno d'oggi sempre più numeroso. È un settore della società in crescita esponenziale. Nella classe dirigente, ma anche nei ceti sottostanti. Del resto l'uomo del sottosuolo non fa parte della classe dirigente se non in funzione servile.
Servile, ma essenziale: ne riecheggia i desideri, ne soddisfa i bisogni, si incarica di condurre a termine le operazioni abiette, è la controfigura dei potenti quando si tratti di questioni troppo delicate e rischiose. Funge anche da buffone di corte; per divertire il suo signore e ricordargli qualche spiacevole verità. Rigoletto è un altro tipico uomo del sottosuolo che però, se offeso nel profondo, riscopre la sua dignità e sa anche vendicarsi. Perciò servirsi senza il senso della misura di personaggi di tal fatta comporta anche qualche pericolo.

Bisognerebbe chiedersi la ragione per cui la popolazione di quel tipo umano (disumano) sia tanto in crescita. La risposta è già stata data molte volte: insicurezza, paura del futuro, ripiegamento sul presente, percezione rachitica della felicità scandita sull'attimo d'un presente fuggitivo senza proiezioni verso l'avvenire, indifferenza diffusa verso la sorte degli altri, gelosia verso le fortune altrui, sopravvalutazione dei meriti propri. Furbizia nell'elusione delle regole. Cortigianeria. Crollo (apparente) delle ideologie in favore d'un pragmatismo diventato a sua volta ideologico.

Vi basta? Molti di questi elementi psicologici fanno parte da gran tempo dei connotati italici. Ma in certi segmenti della nostra storia diventano dominanti e questo è uno di quei momenti. Ecco perché quel tipo umano (disumano) è diventato moltitudine. Con qualche picco rappresentativo.

* * *

Voi pensate a Silvio Berlusconi, ma vi sbagliate di grosso. Berlusconi non è un uomo del sottosuolo, al contrario. Ha un senso pronunciatissimo della propria personalità. Non è affatto appiattito sulla felicità presente, anzi ha costruito un impero e una delle sue maggiori preoccupazioni è quella di conservarlo, accrescerlo e capire a chi dovrà lasciarne il controllo dopo di lui.

È vero che ama travestirsi per ottenere il pubblico favore, ma questo è proprio di tutti quelli che fanno politica, anche i migliori. Figuriamoci lui.

Non so neppure se abbia letto il "Nipote di Rameau" ma una cosa è certa: Berlusconi ha fatto e fa di tutto per far crescere quella genia, l'ha chiamata in servizio, la usa, la riempie di benefici, se ne serve come d'una massa gelatinosa che lo ripara dagli urti esterni, arrotonda gli angoli, devia i colpi e soprattutto fa mostra di credere sempre e dovunque al verbo che emana dalle sue labbra.

Non sto parlando di chi crede veramente in lui. Ce ne sono, avendo bisogno d'una fede profana l'hanno trovata e se la tengono stretta. Ma sto parlando della sua truppa, della coorte palatina che lo circonda, lo protegge, esegue i suoi ordini e anticipa i suoi desideri. In quella coorte non c'è nessuno che crede alle sue parole, ai suoi disegni, alle sue strategie. Sanno che è il più bravo dei comunicatori. Sanno che la loro felicità dipende da lui. Sanno che lui funziona a meraviglia in situazioni di emergenza. Perciò fanno in modo che l'emergenza ci sia e duri il più possibile. Quando non ci sarà più, saranno tempi duri per lui ma soprattutto per loro.

Vi pare che in un paese normale uno come Schifani diventerebbe presidente del Senato, seconda carica dello Stato? Uno come Gasparri ministro prima e capogruppo dei senatori poi? Uno come Bondi ministro e coordinatore del partito? Con le poesie che scrive? Uno come Minzolini direttore del Tg1? Uno come Tarantini, amico di casa? E uno come Cosentino membro del governo?

Di gente così ce n'è in tutti i partiti ed anche nel mondo degli affari, ma una concentrazione di talenti analoghi a quelli descritti da Diderot c'è soltanto
attorno al Cavaliere.

Quelli del suo giro che non hanno analoga caratura non vanno bene per lui. Fini non va bene. Casini non va bene. Tremonti non va bene. Scajola così così. Ma il suo ideale è Belpietro, un alano da riporto. Non so se ne esistono in natura, ma lui lo è ed è prezioso.

* * *

Qualche giorno fa Pierluigi Battista ha scritto un succoso pezzo sul Corriere della Sera dove si domandava: quando Berlusconi non ci sarà più (politicamente s'intende) che faranno tutti quei giornalisti e uomini politici abituati a vivere parlando male di lui a getto continuo? Per loro saranno guai. Riciclarsi non sarà facile. Dovranno adattarsi ad una difficile vecchiaia quando l'indignazione moralistica non avrà più corso.

La tesi di Battista non è peregrina. Qualche rischio c'è, ma è minore di quanto egli pensi. Non so per i politici, ma per i giornalisti. Li conosco meglio e so che molti di loro erano bravi assai prima dell'era berlusconiana. Vorrei però porre anch'io una domanda a Battista: che faranno, quando Berlusconi scomparirà, quei giornalisti e politici che si sono specializzati nell'agitare flabelli al suo passaggio, a inventare false notizie, a deformare quelle vere e soprattutto ad omettere, omettere e ancora una volta omettere? Che faranno i revisionisti di mestiere, gli specializzati a sostenere che il problema è un altro, che le questioni serie sono altre e chi parla male di lui peste lo colga?

E i terzisti, caro Battista? I terzisti avranno ancora qualcosa da scrivere? Vorrei esser tranquillizzato su questo punto. Comunque un posto a tavola non si nega a nessuno che abbia una buona scrittura; c'è sempre la rubrica di "Come eravamo" che può essere un dignitosissimo "pied-à-terre" per i terzisti in disarmo.


http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/politica/scalfari-editoriali/22novembre/22novembre.html
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Ma i beni pubblici di chi sono?

- di Luigi De Magistris -

Il Governo privatizza l’acqua. Non è un bene di tutti, non è una risorsa primaria. Quando si rubano acqua ed aria si ha il furto di Stato ed il messaggio è chiaro: la sete la debbono governare le multinazionali. Coloro i quali hanno il governo dell’economia decidano sulla vita e la morte delle persone. Ancora una volta il Governo approva una legge in violazione della normativa europea, come avevo già evidenziato con il deposito di un’interrogazione alla Commissione.
Per la politica degli affari l’acqua è un business ed anche molto redditizio. Numerose inchieste giudiziarie, svolte anche in epoca recente, hanno evidenziato gli interessi criminali che ruotano nella gestione dell’acqua. Operano spesso le solite società miste pubblico-private – del tipo di quelle che nel settore dei rifiuti hanno coinvolto per fatti di mafia il Sottosegretario PDL Cosentino - divenute perfetta sintesi tra la lottizzazione partitocratica e la borghesia delle professioni dominanti, con presenza, talvolta, di personaggi contigui alle mafie e magari, per offrire una forma di apparente legalità, inserendo nella compagine sociale magistrati in pensione oppure, per scongiurare controlli di legalità, parenti e affini in un incrocio tracotante tra controllori e controllati in un conflitto d’interessi permanente. Il costo dell’inserimento della borghesia mafiosa nella gestione dell’acqua viene pagata dai soliti noti: gli utenti, il popolo. Che pagano ancora di più per avere quello che dovrebbe essere gratuito. Il controllo della gestione dell’acqua significa appalti e sub-appalti per miliardi di euro, nella potabilizzazione e depurazione delle acque, nella realizzazione delle reti idriche, nelle convenzioni con le multinazionali predatorie. E volano le mazzette di Stato, stile scudo fiscale.
Le multinazionali non investono denari per realizzare reti idriche in Africa in maniera tale da scongiurare il dramma dell’assenza di acqua che costringe alla fuga migliaia di migranti, ma colludono con i governi dell’opulenza senza regole per eliminare l’acqua quale bene pubblico. Avere il controllo dell’acqua vuol dire anche condizionare la vita di milioni di esseri umani. L’acqua è come l’aria dicevano gli antichi. Beni primari. Tutto, ormai, vogliono toglierci: l’acqua, la salute, la natura. La violenza di questa politica affaristica non sembra avere uguali nell’era della democrazia: è la forma più deteriore della plutocrazia dei mercanti che governa, in una corsa verso la distruzione del globo, il destino degli uomini. Dimostriamo che esiste ancora chi sogna un mondo diverso in cui l’amore per il prossimo sia la bussola dell’agire politico e la natura una risorsa di tutti e per tutti. Questo Governo sta realizzando il suo percorso autoritario e predatorio dei servizi e beni pubblici in spregio ai diritti ed utilizzando le norme in modo illegittimo. Distrugge le Costituzioni ed il diritto naturale con la legge. Nulla di più devastante anche sul piano morale.


http://unita.it/news/commenti/91621/ma_i_beni_pubblici_di_chi_sono
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Ronda condominiale.

- di Rita Pani -

Ancora Milano, ancora razzismo, patetico ma cinicamente divertente, come riesce ad essere spesso la propaganda di questo governo imbecille. Non si era ancora spenta l’eco dell’operazione “Bianco Natale” che ora arrivano “Le ronde del vicinato”. La nuova operazione “sicurezza” invita i cittadini a tenere sotto controllo il territorio antistante la finestra di ciascuno, il proprio cortile, il proprio pianerottolo. Si consiglia al cittadino di affacciarsi quando un cane abbaia, segnalare le targhe delle auto sospette, non restare chiusi in casa quando suona un allarme. Quel che invece non è scritto, ma sott’inteso nel volantino di propaganda razziale, è che d’ora in poi si potrà attuare la delazione essendo premiati anziché puniti.

Avete un vicino indiano che d’estate vi riempia casa con l’olezzo di una cucina troppo speziata? Quello sotto casa vostra è arabo e tiene il volume della televisione troppo alto, quando canta il muezzin? Peggio, alla porta accanto alla vostra abita un rumeno? Chiamate con fiducia il nucleo cacciatori clandestini e inventatevi un problema, uno qualunque, e lo risolverete.

Avete presente l’Italia? È quel paese in cui quando muore ammazzata la signora del tredicesimo piano, di un condominio qualunque, i vicini intervistati di solito rispondono che no, non la conoscevano, che magari in dieci anni l’avranno incontrata sì e no due volte in ascensore, la signora che ora giace in una pozza di sangue, al massimo ti risponderanno con una domanda: “La signora che pisciava il cane tutte le sere alle sette?” L’Italia è quel paese in cui, quando tuo marito ti massacra di botte, ti chiedi perché proprio in quel momento la pettegola del terzo piano, che vive ogni momento della sua giornata alla finestra, proprio in quel mentre stia chiudendo tutte le imposte. L’Italia è il paese del senso civico al contrario; dell’omertà radicata da Palermo a Bolzano, dove vige la regola che per vivere a lungo sia necessario farsi i cazzi propri.

Milano però dice basta: "Questa è una zona sotto il controllo del vicinato" o "Attento, in questo quartiere c’è chi ti osserva ed è pronto a chiamare la polizia".

La Polizia è quell’ente che pare tornare attivo solo quando si tratta di pestare gli operai col manganello, perché per il resto è abbandonato dallo stato che a furia di tagliare bilanci, non consente nemmeno più il normale controllo del territorio. La Polizia è quella che per indagare deve lavorare gratis, o pagare le spese di tasca propria. La Polizia è ridotta così male che i poliziotti devono usare i “personal computer”, nel senso che i computer sono davvero personali. Me li figuro contenti come agnellini pasquali, ora che dovranno rispondere alle telefonate del cittadino che ha appena visto una macchina sospetta posteggiarsi sotto casa sua, o ha sentito il figlio della signora di sopra che rientra sbronzo alle quattro del mattino cantando il ritornello della canzone di Caparezza “Vieni a ballare in Puglia”, che anche Puglia a Milano, sembra sospetta.

Quindi l’ennesima trovata geniale dell’intellighenzia politica milanese potrebbe sembrare una minchiata. Invece no. Milano non è solo la città dell’infiltrazione razzista, è da sempre la città degli affari, e infatti la delazione sarà gratis solo per i cittadini che dimostreranno un riacquistato e snaturato senso civico. Per la politica anche questa è una questione d’affari, visto che in cambio, le amministrazioni che aderiranno al progetto, otterranno dal Pirellone un punteggio maggiore nell’assegnazione delle risorse sulla sicurezza. Che tra il 2003 e il 2008 sono state pari a ben 90 milioni di euro.

(Onde evitare … FORTUNATAMENTE molti cittadini di Milano pensano, come me, che questa sia l’ennesima minchiata.)

Rita Pani (APOLIDE)


http://guevina.blog.espresso.repubblica.it/resistenza/2009/11/ronda-condominiale.html
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COPENAGHEN NON INVERTIRA' IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Guarda il video: Una terra da salvare

Jubenal Quispe

Da decenni, scienziati “pazzi” e attivisti “apocalittici” annunciano quello che sarebbe successo se non si surclassava il modello di vita della “civiltà” occidentale. Ma l’avarizia di alcuni pochi ha potuto di più della sensibilità per il destino del pianeta. Il desiderio di guadagno in un certo senso ha avuto la meglio sulla sussistenza della vita.

Un bambino scalzo e piagnucolante contempla impotente la sua squallida mucca moribonda per terra, il cui sguardo, fisso verso la sorgente (quasi senza acqua) alla quale non è potuta arrivare. Migliaia di chilometri sul livello del mare, un uomo dal viso segnato dal sole e dall’aria e dita quasi senza unghie, ammira il tramonto ardente, e con il suo sguardo afflitto ci dice: bisognerà fuggire da qualche parte, perché la pioggia non ritornerà.

Queste non sono due immagini dell’ Africa Sahariana. Sono sgarranti realtà che stanno accadendo in Bolivia, quinta potenza mondiale di riserve di acqua dolce registrate. Mentre succede questo, scienziati altamente qualificati dell' ONU, sul cambio climatico, ci annunciano i primi frutti delle loro ricerche in Bolivia: meteo irregolare, ritiro forzato dei ghiacciai, siccità, desertificazione, foreste, ecc. Questo lo sappiamo da tempo a causa dalla nostra esperienza quotidiana.

Allo stesso tempo, i leader del mondo si “preparano” per la 15° Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, che si terrà a Copenaghen dal 17 al 18 dicembre di quest'anno. In questo iper-evento pubblicizzato cercheranno di negoziare quanta spazzatura (gas contaminanti) in più buttare nell’atmosfera, i criminali del pianeta.

Inoltre, ai paesi poveri e meno criminali diranno per quanti dollari puliranno i loro boschi dalla spazzatura che altri emettono. Copenaghen non toccherà le cause dell’inferno globale, embrione della modernità. Nè tanto meno renderà giustizia alle vittime che oggi guardiamo verso tutti gli orizzonti per fuggire dalla pazzia climatica.
Da decenni, scienziati “pazzi” e attivisti “apocalittici” annunciano quello che sarebbe successo se non si superava il modello di vita della “civiltà” occidentale. Ma l’avarizia di alcuni ha potuto più della sensibilità sul destino del pianeta.

Il desiderio di guadagno in un certo senso ha avuto la meglio sulla sussistenza della vita. E qui siamo: intrappolati in un circolo vizioso di ripercussione immediata. Siamo pericolosamente ignoranti della nostra stessa ignoranza e poche volte riusciamo ad avere una visione globale delle cose. Abbiamo e stiamo abusando della Madre Terra (gli andini la chiamiamo Pachamama), che comincia a ribellarsi e minaccia alzando la sua temperatura ai livelli che ha avuto cinquant’anni fa.

La Terra, come un superorganismo vivo, controlla la sua temperatura come qualsiasi essere vivente in funzione del suo benessere, e lo fa da quando è cominciata la vita, più di tre mila milioni di anni fa. Ma, infelicemente gli esseri umani, vittime dell’inganno delle filosofie umaniste, si sono autoproclamati signori della Terra e l' hanno ferita a morte.
Quello che è più insolito è che sapendo che il clima impazzisce, che la Pachamama è ferita a morte e che comincia la vendetta della Terra, persistiamo con i “panni d’acqua fredda” come grande soluzione alla sconfitta verso la quale ci incamminiamo.

Abbiamo assunto come panacea l’invenzione interessata delle società soddisfatte e energivore dello “Sviluppo Sostenibile” (crescita economica, benessere sociale e tutela ambientale, senza colpire le generazioni a venire) quando sta dimostrando l’insostenibilità del sistema – mondo- capitalista del progresso.
Avere fiducia nello sviluppo sostenibile è come sperare che un malato di tumore ai polmoni si curi semplicemente fumando di meno. O come i marinai che bruciano la legna delle loro navi per proteggersi dal freddo. Se non ci prendiamo cura della Madre Terra, lei si prenderà cura di se stessa facendo in modo che noi non saremo più i benvenuti.

Ci siamo avvicinati a uno di quei punti di svolta, ed il nostro destino è simile a quello dei passeggeri di un piccolo yacht che navigano tranquillamente accanto alle Cascate del Niagara senza rendersi conto che il motore è sul punto di rompersi. Di fronte a questa situazione è nostra responsabilità denunciare che gli accordi di Copenaghen (come saranno) non saranno altro che vandalismo organizzato in nome di una ideologia suicida e ecocida. E per giustizia dobbiamo esigere ai principali criminali del pianeta il pagamento del debito ecologico.

Solo così il bambino contadino del Chaco Boliviano, adesso quasi senza bestiame, e l’agricoltore andino, senza piogge e senza orizzonti, potranno sopravvivere un po’ di più. Ma perché Madre Terra riacquisti il controllo della sua temperatura, è urgente superare non solo il modello del capitalismo selvaggio e dello sviluppo sostenibile (ambi fondati sul mito del progresso infinito), ma pensare anche all’ energia nucleare(*), la vita rurale ed il consumo rispettoso come alternative inevitabili.
A questo punto penso che noi siamo i tossicodipendenti che moriranno, se continuiamo con la nostra droga (mito del progresso), ma moriremo comunque se la lasciamo di colpo. Quello che resta è la ritirata sostenibile, come dice J. Lovelock.

Fonte: http://www.ecoportal.net/content/view/full/89671

Tradotto per Voci Dalla Strada da Vanesa
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Berlusconi e la sua «più totale estraneità a qualsiasi ipotesi di connessione con la mafia»

Berlusconi e la sua «più totale estraneità a qualsiasi ipotesi di connessione con la mafia», parola di Ghedini

Nel 2002 Antonino Giuffré, pentito e ex capomafia di Caccamo, parlava cosi ai PM dei presunti rapporti tra Mafia e Silvio Berlusconi, testimoniando nel Processo Dell'Utri:

«I boss Filippo e Giuseppe Graviano insieme all'imprenditore Gianni Ienna facevano da tramite direttamente fra Cosa Nostra e Berlusconi ….....Signor procuratore. Berlusconi era conosciuto come imprenditore e per le sue emittenti. E' una persona abbastanza capace di portare avanti un pochino le sorti dell'Italia...Sin da allora sapevamo il discorso dello stalliere, sapevamo di Mangano che era alle dipendenze di Berlusconi, insomma sapevamo già da tempo che c'era un certo contatto tra Cosa nostra e Berlusconi, grazie alla persona che aveva direttamente in casa. Poi vi erano altre persone che aveva nei punti chiave della sua amministrazione, diciamo un'altra...»



Oggi un altro pentito ritenuto attendibile come Gaspare Spatuzza ha rilasciato altre dichiarazioni a riguardo parlando con in pm Alessandro Crini e Giuseppe Nicolosi della Dda di Firenze:

«Ritengo di poter escludere categoricamente, conoscendoli assai bene (i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano n.d.r) che i Graviano si siano mossi nei confronti di Berlusconi e Dell'Utri attraverso altre persone. Non prendo in considerazione la possibilità che Graviano abbia stretto un patto politico con costoro senza averci parlato personalmente ….Non posso sapere quale fosse il proposito che Berlusconi e Dell'Utri avessero in mente stringendo questo patto. La mia esperienza di queste vicende, ma è una mia deduzione, è che costoro (Berlusconi e Dell'Utri n.d.r) che in primo momento hanno fatto fare le stragi a Cosa Nostra, si volevano poi accreditare all'esterno come coloro che erano stati in grado di farle cessare. E quando poi li vedo scendere in politica, partecipando alle elezioni e vincendole, capisco che sono loro direttamente quelli su cui noi (Cosa Nostra-n.d.r) abbiamo puntato tutto».

Spatuzza racconta nei dettagli il colloquio avuto con il boss Giuseppe Graviano quando si incontrarono a Roma per la preparazione dell'attentato allo stadio Olimpico. In quell'occasione il boss gli parlò dell'intesa che a suo dire era stata raggiunta con Berlusconi: «Graviano era euforico e gioioso, sprizzava felicità, normalmente era una persona abbastanza controllata, quindi era difficilissimo che si lasciasse andare in quel modo, le sue parole sono state le seguenti: “tutto si è chiuso bene, abbiamo ottenuto quello che cercavamo, le persone che hanno portato avanti la cosa non sono come quei quattro crasti (montoni-n.d.r) dei socialisti che prima ci hanno chiesto i voti e poi ci hanno venduti. Si tratta di persone affidabili”. A quel punto mi fa il nome di Berlusconi e mi conferma che si tratta di quello di Canale 5. Poi mi dice che c'è anche un paesano nostro e mi fa il nome di Dell'Utri e aggiunge che grazie alla serietà di queste persone “ci siamo messi il paese nelle mani”»(fonte).


L'oramai disperso Ghedini (come ricordavamo poco tempo fa) ci raccontava la favola «della più totale estraneità a qualsiasi ipotesi di connessione con la mafia» del suo assistito Silvio Berlusconi « stabilita anche dall'autorità giudiziaria ». Balla già ampiamente scopertà semplicemente leggendo proprio le carte di quelle indagini e archiviazioni scritte dalla tanto ammirata (solo oggi) «autorità giudiziaria».
Risvegliati Italia!


http://networkedblogs.com/p18545149

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FONTE

mercoledì 18 novembre 2009

PROGETTI INUTILI: LA BANCA PER IL MEZZOGIORNO

- di Salvatore Sacco -

La creazione di una così detta banca per il Mezzogiorno, voluta dal ministro dell’Economia, genera molti dubbi sia sulle modalità di realizzazione che sull’utilità di un simile ente.

UN PROGETTO GENERICO

Le perplessità sono inevitabili data la genericità del progetto che non fornisce sufficienti indicazioni su alcuni aspetti basilari. Non è dato sapere quale sarà il ruolo delle poste italiane, ovvero di un ente partecipato che gestisce in monopolio un servizio pubblico, e la cui presenza, al di là della partecipazione diretta del Tesoro, determinerà l’effettivo peso della componente pubblica nella futura banca. Altrettanto poco si sa sugli altri componenti della compagine sociale e, quindi, sulla governance: si sa solo che dovrebbero partecipare agli assetti proprietari banche operanti sul territorio, imprenditori e società para-pubbliche, mentre lo Stato dovrebbe operare come promotore in qualità di temporaneo azionista di minoranza.
Generici appaiono anche gli obiettivi, che sarebbero il finanziamento degli investimenti e delle infrastrutture oltre al credito per le Pmi nel Sud. Indefinito è il ruolo effettivo che dovrebbero avere gli sportelli delle banche cooperative e gli uffici postali, stante il fatto che l’istituenda banca dovrebbe operare senza sportelli propri. E va rilevato che non aiuta molto il ventilato riferimento a un modello quale il Credit Agricole, una banca nata quasi due secoli fa con finalità e modalità operative peculiari, difficilmente adattabili all’attuale realtà del nostro Mezzogiorno.
Sul piano operativo, l’azione della costituenda banca dovrebbe essere caratterizzata dall’applicazione di tassi competitivi sul mercato e dalla disponibilità di notevoli flussi di liquidità. Ma qui il discorso si sposta sull’indeterminatezza circa gli strumenti che assicurerebbero la tenuta finanziaria dell’ente, che dovrebbe essere assicurata, sostanzialmente, dall'emissione di bond con tassazione agevolata per il risparmiatore, obbligazioni a medio-lungo termine assistite da garanzia temporanea dello Stato, da finalizzare alla realizzazione di infrastrutture e agli investimenti delle Pmi. Anche qui sono tante le perplessità. In primis, il superamento dei veti dell’Unione Europea, poi l’effettiva funzionalità di tali strumenti, infine il legittimo dubbio che, senza la continuativa integrazione di risorse pubbliche, la banca non riesca a mantenere i parametri dei requisiti prudenziali vigenti, operando con una clientela che è notoriamente più rischiosa rispetto agli standard medi nazionali e in un contesto in cui la realizzazione delle infrastrutture è più lenta, rischiosa e costosa rispetto agli standard europei. Altri dubbi appaiono legittimi sulle possibilità di controllare l’effettiva finalizzazione a favore del Mezzogiorno della raccolta effettuata tramite questi strumenti. Peraltro, questa banca andrebbe a operare in ambiti e con modalità che richiedono competenze assai specialistiche, molte delle quali trascendono l’ordinaria capacità e attività delle banche di credito cooperativo o degli uffici postali che ne dovrebbero costituire la rete portante.

MA È UTILE PER IL MEZZOGIORNO?

Ma pur ipotizzando che la banca riesca a nascere e a operare al di fuori delle vecchie logiche clientelari, che si realizzino assetti proprietari congruenti e sostenibili e che si adotti un corretto modello operativo, i dubbi maggiori riguardano la sua effettiva utilità per il Mezzogiorno.
Chi ha seguito nel tempo l’evoluzione del mercato creditizio sud-insulare ha assistito al progressivo smantellamento del sistema bancario autoctono iniziato negli anni Ottanta e completato negli anni Novanta con la totale sostituzione degli operatori locali con quelli centro-settentrionali. Diverse ricerche hanno evidenziato che i risultati in termini di miglioramento della fruibilità del credito da parte della clientela meridionale, sono stati abbastanza modesti, se non addirittura negativi. (1) Da ciò è maturata una convinzione ormai abbastanza condivisa fra gli addetti ai lavori, secondo la quale le cause dell’inadeguato funzionamento del mercato del credito meridionale sono da riconnettere a problemi inerenti la domanda di credito piuttosto che l’offerta.
La convinzione è suffragata da numerose ulteriori conferme empiriche, basti pensare ai diversi effetti che ha avuto il processo di concentrazione del sistema nelle due aree del paese: nel Centro-Nord, alla crescita dei grandi istituti, perseguita essenzialmente attraverso processi di fusione e incorporazione, ha fatto da contraltare una espansione, in termini di numero di operatori e di dimensione delle aziende, delle banche locali, caratterizzatesi sempre più come vere e proprie banche del territorio. Nulla di tutto ciò è avvenuto nel Sud, dove gli ampi spazi lasciati dalla scomparsa di centinaia di banche locali non hanno generato nessuna rilevante spinta alla costituzione o all’espansione di istituti di credito territoriali. Il risultato è stato che il pluralismo dimensionale del sistema bancario meridionale, che agli inizi degli anni Ottanta era più marcato rispetto a quello centro settentrionale, appare ora sensibilmente ridimensionato.  
Ciò sembra confermare che gli squilibri si originino sul versante della domanda. E dunque la strada per fare affluire più soldi all’economia del Mezzogiorno non è quella di surrogarsi alle decisioni delle banche, ma piuttosto trovare il modo di incentivare gli investimenti imprenditoriali e aumentare, attraverso meccanismi di autocontrollo e riassicurazione, la solvibilità dei creditori.

IL RUOLO DEI CONFIDI

Nel nuovo scenario dominato dalle regole prudenziali di Basilea 2 l’attenzione è concentrata sul cumulo dei rischi a carico degli operatori bancari e viene dato sempre maggiore rilievo agli intermediari in grado di attenuare la rischiosità degli affidamenti, vero problema che affligge il Mezzogiorno. Non è casuale che la nuova disciplina sui consorzi fidi preveda forti abbattimenti delle quote di patrimonio che le banche devono accantonare, laddove i crediti siano garantiti dai così detti confidi 107, ovvero quelli che rispettano determinati requisiti di operatività ed efficienza dettati dalla Banca d’Italia. Ebbene, una recente ricerca di Srm - Studi e ricerche per il Mezzogiorno  evidenzia come i confidi meridionali siano molto meno efficienti rispetto a quelli centro-settentrionali e che solo un numero limitatissimo di essi riuscirà a divenire intermediario finanziario a tutti gli effetti. (2) È una grave penalizzazione che non sarà certo colmata con un operatore bancario in più.
Peraltro, il nuovo operatore bancario avrebbe natura ibrida sia sotto l’aspetto della governance, sia dal punto di vista dimensionale. Infatti non potrebbe che essere di grandi dimensioni per incidere su una realtà di venti milioni di abitanti, quale il Mezzogiorno, ma che dovrebbe operare tramite le reti di banche di piccolissima dimensione, quali sono le banche di credito cooperativo e, forse, la rete degli uffici postali, che mai hanno svolto funzioni creditizie.
In definitiva, dunque, l’unico vantaggio certo che si potrebbe avere, sempre che non ci si impantani nei vizi clientelari che hanno portato alla estinzione delle vecchie banche e casse pubbliche meridionali, può essere dato dalla strumentistica agevolata. Ma se tutto si riduce a questo perché creare una nuova struttura che corre rischi molto seri di essere solo l’ulteriore poltronificio mangiasoldi? Più semplicemente, si poteva ricorrere a un consistente incremento degli incentivi disponibili per le imprese e a una ulteriore agevolazione per i mutui destinati alla realizzazione delle opere pubbliche. E per quanto riguarda il credito, si poteva intervenire in modo più determinato sulla funzionalità del sistema dei confidi meridionali, rendendolo più efficace ed efficiente.


(1) Vedi da ultimo Giannola 2009 in Rivista Economica del Mezzogiorno e Busetta – Sacco 2008, Franco Angeli.
(2) Srm – Studi e ricerche per il mezzogiorno, “Confidi imprese e territorio: un rapporto in evoluzione. Le prospettive per il Mezzogiorno”, Giannini Editore, 2009.




http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001386.html
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Piano B. : il paese sotto ricatto!

Mentre Bersani fa la principessa sul pisello e disdegna la piazza... il paese continua ad essere sotto ricatto costante.

Bersani uccide le ultime speranze degli lettori,
sopratutto di quelli che hanno partecipato alle primarie e confidavano in uno scatto di orgoglio: basta leggere i commenti sul sito della repubblica, apparsi oggi, dopo la dichiarazione di non partecipazione
del Pd alla manifestazione del 5 dicembre p.v.

Per alcuni "fedeli" va tutto bene; anzi, sarebbe questa una chiara e lungimirante risposta a quel chiassoso Di Pietro che vuol dar lezioni di antiberlusconismo proprio al Pd! il quale, come sottolinea Bersani, non ne ha bisogno.

Vero: assolutamente. Il tempo delle ripetizioni finisce anche per i ciucci che non capiscono o fanno finta di non capire. Quindi è inutile impartire "lezioni" a chi ottusamente continua a perseverare negli stessi errori.
Non si può pretendere antiberlusconismo da chi si comporta come un berlusconista qualsiasi.
Poco valgono le sceneggiate alla Finocchiaro con i fogli delle leggi porcate sbattute contro i muri: è tardi; e non è che fossero mancate chiare avvisaglie, in questi anni, di ciò che questa destra è capace di fare (o disfare).

Mentre il PD, con il supporto di nonna Bindi, fa la morale ai contestatori di piazza che, ostinatamente non si arrendono allo status delle cose, il faraone di Berlusconia procede imperterrito
nella sua opera.

Un agire che, da sempre, il PD non riesce a comprendere e contenere.
Il gioco è semplice: il signor B. spara in alto, molto in alto, con una richiesta che è, nei fatti assurda, e che nemmeno i suoi alleati possono accettare rischiando di giocarsi la faccia con i propri
elettori (che pur tante ne bevono e ne digeriscono). Ma il signor B., contrariamente alla sinistra, è uomo che si pone degli obiettivi, e li persegue. Quindi, via via ,scende di pretese, dopo aver scatenato
malumori e proteste, sino ad ottenere ciò che voleva effettivamente.

La posta, però, si sta facendo sempre più alta. Così, dopo aver minacciato di bloccare tutti i processi, costringe Fini ad accettare l’ipotesi di un nuovo lodo Alfano "costituzionale" che è, di fatto, un’incongruenza logica e, costituzionale, appunto.

Nel frattempo si privatizza l’acqua, bene sommo dell’umanità, per concedere, o meglio svendere, anche questa ai privati, utilizzando la solita retorica del "privato che agisce meglio
del pubblico". Assioma quanto mai falso ed ipocrita in questo paese, il cui unico risultato è l’aumento dei costi a carico dei cittadini e dei profitti per pochi privati amici, o amici degli amici.

Si arriva ora a minacciare le elezioni, così da spaventare bene questo disastroso Pd per il quale il naufragio elettorale sarebbe assicurato. E così anche il Pd è sistemato, e certamente sarà disposto a miti consigli inciuciari.
En passant, il signor B. ha dichiarato che sarebbe necessario adattare la Costituzione formale a quella materiale.
Come dire: abbiamo ben faticato fin qui per sputtanare la Carta Costituzionale, almeno ora formalizziamo bene le porcate che abbiamo fatto così non ci pensiamo più.

Credo che se una cosa del genere accadesse in Francia, il giorno dopo il paese sarebbe fermo e la gente in piazza in assetto da guerriglia. Ma a molti di noi non frega; tanto la costituzione manco la conosciamo e poi non abbiamo tempo tra una puntata del grande fratello e una partita di calcio, per occuparci di queste cose.

L’idea di nuove frange terroristiche, abbinate all’ipotesi di accordi con i movimenti islamici, oramai buoni per tutte le salse e che non accendono nemmeno un petardo dalle nostre parti,
offre un po’ di terrore alla bisogna, visto il flop della suina e che non c’è sempre un rumeno che stupra quando serve (sono un po’ pigri, si sa).

Mentre qui da noi si alzano gli scudi per favorire gli evasori, altrove questi sono costretti a denunciarsi per evitare la sicura galera. Ma noi non vogliamo certo essere tacciati di giustizialismo sommario contro questi poveracci.

Viviamo così, salterellando sull’orlo del baratro come bambini incoscienti, immaturi, fragili.


http://terzadimensione.ilcannocchiale.it/post/2382269.html
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Processo ‘greve’: Il cemento abusivo invade la città, ma ora processi al macero

- di Nello Trocchia -

Abbiamo già raccontato gli effetti del processo ‘greve’ sui procedimenti a carico di corruttori e i regali alla borghesia mafiosa. C’è un altro aspetto da prendere in esame. La proposta di legge sul processo breve: presentata al Senato, potrà far cadere in prescrizione i processi a carico di Silvio Berlusconi. Tra i reati ‘condonati’ sono esclusi il traffico illecito di rifiuti e incendio, ma i reati ambientali? Il paese ha affrontato la frana di Messina con il solito piagnisteo e la promessa di rispettare le norme e combattere l’abusivismo edilizio. Poi è arrivata la tragedia di Ischia e anche in quel caso parole e annunci. Quanto inciderà la norma sui processi per i reati ambientali. Luca Ramacci, il pubblico ministero della procura di Tivoli, esperto in materia non usa mezzi termini: “ Una iniziativa legislativa quasi demenziale, preferibile introdurre l’immunità parlamentare”.
 Tutti i reati che cagionano danno all’ambiente sono condonati. “ Spariranno i processi per abusivismo edilizio, per violazione paesaggistiche, per la tutela degli animali, per inquinamento, ogni forma di aggressione al territorio verrebbe risolta con la prescrizione. Una norma che è di certo peggiore dell’amnistia. Ci sono alcuni effetti devastanti collaterali come il disincentivo dei riti alternativi. C’è una corsia di possibile accelerazione del processo ma nessun imputato sano di mente ne farà ricorso”.  
“ Già adesso è difficile arrivare alla fine del processo perché questo codice di procedura penale prevede una serie di adempimenti che consentono all’imputato, che ha un buon avvocato, di arrivare facilmente alla prescrizione. Con questo strumento c’è la matematica certezza di arrivare a prescrizione”. Ramacci fa un quadro della diffusione dei reati ambientali. “ Ho lavorato anche al nord e non c’è grossa differenza: metodi diversi risultati identici. Nel territorio dove opero adesso ci sono 77 comuni e abbiamo un quantitativo di procedimenti enorme  per abusi edilizi. Solo quelli che riusciamo a scoprire, visto che , in alcuni casi, la collaborazione degli enti locali è assente. E’ in corso una cementificazione sistematica dell’agro romano che invade tutte le zone vicino alle grandi città. Siamo il paese delle lacrime di coccodrillo dove quando si fanno gli abusi i sindaci si girano dall’altra parte e quando si muore arrivano con la fascia tricolore. Ora neanche più i processi possiamo fare”.  In attesa della prossima tragedia siamo certi che i responsabili di abusi edilizi, lottizzazione abusiva saranno salvati dalla nuova norma sul processo breve.

Ascolta l'intervista a Luca Ramacci  ( giudizio sulla norma, effetti sui processi) 

Ascolta la seconda parte( diffusione fenomeno abusivismo, caratteristica degli imputati, prestanome)





http://www.articolo21.org/185/notizia/processo-greve-il-cemento-abusivo-invade-la.html
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Infanzia violata: Terre Des Hommes lancia la campagna del fiocco giallo

- di Paola Venanzi -

Il 20 novembre si festeggerà la Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia  ed anche il 20esimo compleanno della Convenzione ONU, approvata a News York il 20 novembre del 1989….20 anni durante i quali non sono mancate denunce ed appelli per interrompere le violenze che i bambini subiscono.  “Violazioni che non riguardano solo i minori del Sud del Mondo, i bambini soldato del Congo – sottolinea Raffaele Salinari presidente di Terre Des Homme –le piccole  prostitute di Bangkok , le mogli bambine indiane”. Per Salinari, infatti, la violenza sui bimbi  è ormai diventata  “una forma strutturale di questa civilizzazione, di questo modello di sviluppo”. Che si può abbattere, però, cambiando stili di vita e partecipando attivamente alla lotta per la difesa dei diritti dei minori. Ad esempio mandando un SMS al 46543, per contribuire  con due euro a finanziare le attività di protezione dei bambini di colombiani. O indossando il  nastro giallo di Terre Des Hommes, con su scritto “Io proteggo i bambini”.

Ascolta l’intervista a Salinari

L'appello di Terres des hommes per il 19 novembre: 

“Vorremmo evidenziare con il colore giallo tutto il WEB che ha a cuore la protezione dei bambini”, dichiara Paolo Ferrara, responsabile della Comunicazione di Terre des hommes (TDH) Italia. “Il web spesso fa notizia per il motivo opposto, adesso vorremmo invece che fosse evidente che la stragrande maggioranza dei siti italiani vuole dire NO agli abusi sull'infanzia.”

Il giorno giusto per farlo è il 19 novembre, Giornata Mondiale per la Prevenzione dell'Abuso sull'Infanzia. Fino al 22 novembre è poi possibile donare tramite sms al 48543 due euro da cellulare o facendo lo stesso numero da rete fissa Telecom, per contribuire a finanziare le attività di protezione dei bambini di TDH in Colombia.

“Mettersi in giallo” è facile, basta collegarsi alla pagina http://www.terredeshommes.it/sms48543.php dove si possono scaricare tutti i materiali della campagna e saperne di più. Gli aderenti possono mettere al posto della foto del profilo di Facebook il “nastro giallo”, pubblicare il “corner banner” giallo, taggare la foto su flickr con il nastro giallo, scrivere un articolo/post sulla campagna inserendo il “nastro giallo” o colorare di giallo in qualche modo un vostro post o una parte di esso.

La violenza a danno dei minori è un’emergenza globale che riguarda indistintamente qualsiasi strato sociale e ogni paese del mondo, comprese le nazioni ricche e l’Italia. Sembra infatti che un terribile fil rouge leghi la triste condizione dei bambini lavoratori, quelli vittime di traffico, le baby prostitute e le bambine costrette a sposarsi anche prima dei 12 anni, i bambini che vivono in zone di guerra o costretti a combattere, i piccoli sfollati a causa di catastrofi naturali ai bimbi vittime di violenza domestica e di abuso sessuale.
 
Terre des Hommes opera da 50 anni per cancellare da questo mondo la violenza sui bambini. Nei suoi progetti lavora per prevenire lo sfruttamento e mettere in atto sistemi efficaci per la protezione dei minori. Nelle sue attività di sensibilizzazione punta a mettere in luce il fenomeno dell'abuso sui bambini, e fa pressione sugli Stati e gli organismi internazionali per arrivare a un approccio onnicomprensivo che renda sempre più efficace la prevenzione e la repressione di ogni tipo di violenza sui bambini.
Prime adesioni: 2night, A Voi Comunicare, Adv Express, AlFemminile, Amore e Sofferenza, Arezzo Web.it, Armi e Tiro, Arte.go, Automobilismo, Bambini.info, Bling Bling Blog - il blog di Layla Pavone, Blog di Stefania Ragusa, Borse.it, Bradipodiario, Carrozza 12bis, Cartello Bizzarro, ChiDiceDonna, Children in the Dark, Ciclismo, ClandestinoWeb, Conad, Confinionline, Corriere Online, Curiosona, Digital Preziosi, Dixan, DonnaD, Donnamoderna.com, Edizioni Edessae, Euro Next, Forum Pianeta Mamma, Fotolog, Fundraising Now, Funky Professor Blog, Gardinia Blu, Giornale di Zona, Gormiti, Hai Sentito.it, Html, ICN News, Il blog di Giuseppina Rubino, Il mondo di carmen, Il Serpente Galeno, il Blogdigrazia, Il Giramondo, Informazione.it, Ipsoa, Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza Sul Lavoro, JulieNews, L'isola Che non c'è, La Stampa.it, Libero-news, Life Communication, Mamme nella Rete, Margherita, Mario Scotti Channel, Maxim, mediaset, Milanodabere, Mondo Fuoristrada, Moto.it, Motociclismo, Multiplayer , Nautilus Magazine, Nautilus Magazine, Notiziario delle Associazioni, Notizie.net, Nuvolotta, Padova Donne, Paoblog, PappaCaccaNanna, Perle ai porci, Pianeta Mamma, Prevenzione Sociale, Quote azzurre, Radio Asti, Radio105, Repubblica.it, Residenziali Minori, Rmc, Runners World, Sdreng Boys, Socialidarity.it, Sogno Reale, Spazio Film, Spazio Games, Spot & Web, Stardoll, Style and the city, Style.it, Subito, Superando.it, Telecom italia, Televideo Rai, Tennis Italiano, Terra News, The Pink Blog, Tillate, Tiscali, Tonight, Toy Center, Un babbo in prova, Unamamma, Vela e Motore, Virginradio, Vita , Wall Street, Zapster, Zero Violenza Donne, Ziogeek.

Terre des hommes (TDH) Italia onlus è una organizzazione non governativa che si occupa di aiuto diretto all'infanzia in difficoltà nei Paesi in via di sviluppo, senza discriminazioni di ordine politico, etnico o religioso. TDH Italia oggi è presente in 23 paesi di tre continenti con oltre 90 progetti di aiuto umanitario d’emergenza e di cooperazione internazionale allo sviluppo, con programmi in settori quali salute di base e protezione materno-infantile, educazione di base, formazione professionale, protezione dei bambini di strada ed in conflitto con la legge e promozione dei diritti umani. TDH Italia lavora in partnership con ECHO ed è accreditata presso l’Unione Europea e l’ONU. TDH Italia fa parte della Terre des hommes International Federation (TDHIF), che nel 2010 compirà 50 anni di attività. Complessivamente nel 2008 gli 11 membri della federazione hanno portato avanti 933 progetti in 65 paesi. Per informazioni: www.terredeshommes.it e www.terredeshommes.org


http://www.articolo21.org/184/notizia/infanzia-violata-terre-des-hommes-lancia-la.html
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Gli studenti tornano in piazza per il "No Gelmini Day"

di Daniele De Chiara



“Riprendiamoci il futuro”, era scritto su uno striscione che apriva il corteo di Milano. A tenerlo, ragazzi e ragazze in piazza in occasione della “Giornata universale per il diritto allo studio”. Sì, un diritto. Tutto mentre il ministro Maria Stella Gelmini, minimizzava le iniziative e “bocciava” le oltre 50 manifestazioni, sparse per l’Italia, con un semplice: “Sono quasi tutti legati al mondo dei centri sociali”. Non sembrava. A Milano ci sono state forti tensioni con le forze dell'ordine, che in seguito a scontri con i manifestanti hanno operato fermi, arresti e denunce.


Mentre, nell’aria, si sentiva il grido: “Noi la crisi non la paghiamo!”. In mancanza della consueta scorta della polizia, gli studenti si sono mossi liberamente per le vie del centro. Il corteo, tra fumogeni colorati e megafoni che deridevano ministro, sindaco e assessore, ha creato disagi al traffico mentre venivano rovesciati cassonetti. Quindi un blitz negli uffici dell'assessorato: “Hanno provato a bloccarci - racconta una ragazza del quarto ginnasio -: mentre scappavo avevo paura di cadere, lo zaino mi appesantiva”. Nell'inseguimento sono state danneggiate alcune auto (“siete solo teppisti!” gridava un agente), e i carabinieri hanno fatto un largo uso di manganelli e scudi. In piazza dei Mercanti si è assistito ad un ulteriore scontro che ha portato al fermo di quattro ragazzi, due dei quali arrestati, e ad alcune denunce. “È per questo che non risulto come contuso o ferito”, commenta un liceale con grossi lividi, “non voglio mica farmi identificare, sono una vittima”. Dopo una trattativa con alcuni funzionari della Digos, è stato permesso agli studenti di muoversi in corteo verso piazza Fontana. La giornata si è chiusa con un presidio in piazza San Babila, solidale con i ragazzi portati in questura. Ma, a Milano, sono giorni “particolari”; giorni in cui la tensione si sente. La Moratti ha fatto sgomberare del liceo Gandhi: dopo una notte di occupazione, la polizia è inter-venuta con una fiamma ossidrica. Sempre nei giorni scorsi sono stati arrestati cinque militanti dei collettivi che avevano fatto un'irruzione in una sede milanese degli studenti cattolici di CL. Quindi ieri...



Nel resto di Italia, invece, le manifestazioni si sono svolte pacificamente. A Catania e Palermo il traffico è andato in tilt. “Cani sciolti”, nella maggioranza dei casi. A Torino e a Bari gli universitari hanno occupato il rettorato in seguito a manifestazioni a cui hanno partecipato in migliaia. Nel capoluogo piemontese si è assistito a un innocuo lancio di uova contro la sede regionale del ministero, mentre i manifestanti esponevano un enorme profilattico finto con la scritta “preserviamo l'università”. A Firenze gli studenti hanno occupato i binari della stazione S.M. Novella. A Napoli hanno sfilato in cinquemila, mentre a Roma sono state distribuite banane come denuncia dello stato della nostra Repubblica. Tutti dei centri sociali come dice la Gelmini? Risponde Luca, un quindicenne di Milano: “Siamo nati quasi tutti dopo la caduta del muro, il ministro tenta di delegittimarci, ma non risponde alla domanda di soldi senza i quali la scuola pubblica è spacciata”. “E' vero che vado al centro sociale,” continua, “ma proprio per questo le iniziative le organizziamo autonomamente, senza partiti o sindacati che ci dicano che fare o ci finanzino”. L'(ex?) Onda intanto si prepara per le prossime mobilitazioni, in attesa che qualcuno provi a mettersi alla testa di questa rabbia senza leadership.

da Il Fatto Quotidiano del 18 novembre 2009

VIDEO - Studenti in piazza a Roma


http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id;_blogdoc=2382463&yy;=2009&mm;=11ⅆ=18&title;=gli_studenti_tornano_in_piazza
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“Processi brevi”, quant’è lontana l’Italia dall’Europa

- di Silvia Buzzelli* -

La prima parola che viene in mente leggendo articoli e notizie in cui si parla di “processo breve”, e dello schema di disegno di legge che lo contiene, è "indecente".
Non si tratta dell’ennesima parola forte, ad alto impatto emotivo, con la quale bollare l’assalto che il potere politico sta conducendo nei confronti della Costituzione, della giustizia e della magistratura. "Indecente" è termine assai preciso: il suo contrario (cioè "decente") è stato utilizzato da un intellettuale (Margalit) per qualificare la società che non conosce umiliazioni.
L’indecenza, insomma, comincerebbe proprio nel momento in cui si umilia qualcuno.
E il disegno di legge sul “processo breve” umilia soprattutto la Corte di Strasburgo, avvilendone il ruolo di garante della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Non è passato un mese da quando i giudici europei sono stati oltraggiati per aver osato rammentare all’Italia che il crocefisso, al pari di qualsiasi altro simbolo religioso, non andrebbe esposto nei luoghi pubblici. Se lo si fa, si violano il diritto all’istruzione e la libertà di pensiero, diritti che la Convenzione europea garantisce e protegge.
Vicenda davvero emblematica quella che ha per oggetto la croce. Nessuno (o quasi) ha letto le sedici pagine che compongono la sentenza (a tal punto che la Corte europea finisce per essere confusa con la Corte di giustizia delle Comunità europee). Tutti (o quasi), però, si sentono in dovere di criticare, in maniera spesso sguaiata, il provvedimento; comunque ne prendono le distanze, ignorando con superficialità gli autentici contorni della questione.
A pochi giorni dagli attacchi feroci, ecco la situazione ribaltarsi. La medesima Corte viene ora indicata quale musa ispiratrice dell’iniziativa sul “processo breve”: bisogna cambiare per forza, si sostiene, lo esigono i giudici di Strasburgo che migliaia di volte hanno condannato lo Stato italiano per la durata irragionevole dei suoi processi. Va tutelato "il cittadino contro la durata indeterminata dei processi" (strana intestazione del disegno di legge, quando mai i processi sono indeterminati, e la prescrizione verrebbe da chiedersi?)
Così si strumentalizza il prezioso lavoro della Corte europea, si tradisce il suo modo di procedere disincantato che unisce l’analisi specifica del caso singolo alla raffinata disquisizione teorica.
Così si miscelano pericolosamente concetti fra loro differenti: la ragionevolezza nulla ha da spartire con ciò che si presenta breve, veloce, sommario. E’ il metro col quale la Corte di Strasburgo calcola la durata di ogni processo dall’inizio alla fine (la categoria dell’indeterminato è una bizzarria italiana).
Non c’è un limite predeterminato: questo è il punto. Tutto appare relativo e variabile, a seconda dei comportamenti dei protagonisti e delle tipologie di processo.
I giudici, per stabilire se quella vicenda in realtà abbia oltrepassato la soglia del ragionevole, considerano una serie di elementi. Conta, ad esempio, la scarsa diligenza delle autorità pubbliche, non esclusivamente l’inerzia imputabile ai magistrati. In certe occasioni pesa l’abuso delle tecniche ostruzionistiche impiegate dalla difesa (nel giusto processo mancano obblighi di collaborazione, però alcuni atteggiamenti della persona accusata possono risultare poco, se non per niente esemplari, tanto che chi li pone in essere non potrà poi lamentarsi dell’eccessiva lunghezza della sua vicenda, se ha contribuito a dilatarne i tempi).
Ogni processo è una storia a sè: ci possono essere vicende giudiziarie complesse, particolarmente complesse, oppure ordinarie. Esiste, inoltre, la categoria degli affari prioritari in cui, essendo alta la “posta in gioco”, bisogna fare in fretta, poiché il ricorrente ha subito violenze da parte della polizia o si trova detenuto, magari in cattive condizioni di salute.
Emerge un dato piuttosto interessante che si conosce consultando le statistiche europee (gli organismi del Consiglio d’Europa sfornano in continuazione relazioni, schemi, rapporti che, di tanto in tanto, andrebbero almeno sfogliati): sono i processi dell’area extrapenale, civile e amministrativa quindi, a trascinarsi per più anni.
Perché, allora, l’allarme riguarda unicamente la sfera penale: che qualcuno abbia interessi personali da difendere? Chissà.
Ancora una domanda.
La Corte di Strasburgo ha individuato i vari punti di sofferenza che affliggono l’intero sistema della giustizia penale italiana: contumacia, mancato rispetto del contraddittorio, sovraffollamento delle carceri, espulsioni troppo facili e disinvolte di individui disperati verso paesi che praticano la tortura. Sono davvero questioni di nessun conto? Chissà.
Continuando ad occuparsi di “cose europee” si fanno scoperte, ecco l’ultima: fuori dai confini nostrani l’aggettivo “ragionevole” non basta più, oramai si è fatto un passo avanti; la durata del processo deve essere addirittura “ottimale e prevedibile”.
L’Italia, inadempiente agli obblighi internazionali, ritardataria, poco informata, lontana dall’Europa non se ne sta, probabilmente, neppure accorgendo.

* Professore di procedura penale europea nell’Università di Milano‐Bicocca


http://temi.repubblica.it/micromega-online/processi-brevi-quante-lontana-l%E2%80%99italia-dall%E2%80%99europa/
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Ravera, Ovadia e Colombo a Bersani: “Basta esitazioni, tutti in piazza il 5 dicembre”

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Lidia Ravera a Bersani: "Non snobbare questo grido di dolore di tanti cittadini. Il Pd deve andare in quella piazza, da lì si riparte per fare un grande partito di massa"
VIDEO: "No B. Day", Lidia Ravera a Bersani: "Non snobbare questo grido di dolore di tanti cittadini"


Moni Ovadia a Bersani: "Il Pd aderisca, è in gioco la democrazia. Non è tempo di marcare differenze, il 5 dicembre in piazza c'è bisogno del più grande partito dell'opposizione"
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Furio Colombo a Bersani: "Momento drammatico, non si possono avere esitazioni. Il Partito democratico dovrebbe cogliere il segnale di vitalità che viene dalla società civile"
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Ma la Santanché non odiava i poligami?

- Duemilanove battute di Francesca Fornario -

Ora anche Schifani minaccia le elezioni anticipate: «Se la maggioranza non è coesa si torna alle urne». Schifani ha perennemente l’espressione del tizio allo stadio che continua a esultare per il gol anche dopo che l’arbitro ha fischiato il fuorigioco. L’avvertimento del presidente del Senato è rivolto soprattutto ai finiani, che prendono le distanze dal processo breve (bello sforzo: è un’idea così malvagia che l’appello di Saviano è stato firmato perfino dai Casalesi) e non si accontentano della rinuncia alla candidatura per la Campania di Nicola Cosentino ma ne vorrebbero le dimissioni da sottosegretario. Lo ha fatto intendere un finiano doc, Fabio Granata: «Noi non presenteremo una mozione di sfiducia contro Cosentino, ma se la presentasse qualcun altro non potremmo non votarla». Una padronanza così spregiudicata della doppia negazione che Andreotti gli ha scritto un telegramma di congratulazioni: «Non posso non complimentarmi con lei. Firmato: Giulio Andreotti, che non ha avuto rapporti con la Mafia dopo il 1980». (Non so voi, ma io ho cominciato a preoccuparmi davvero da quando è diventato necessario leggere due volte le dichiarazioni degli eredi del Fascismo per capire cosa volessero dire. La moglie di Italo Bocchino: «Torni per cena?». Bocchino: «Ritengo che non sia più nell'ordine delle cose possibili». (Paura, eh?). Nemmeno l’appoggio della Lega è scontato. Il partito di Bossi è spaccato in almeno tre fazioni: quelli che non vogliono le elezioni perché pensano al federalismo fiscale, quelli che pensano «Perché pensare al federalismo fiscale quando puoi avere l’evasione fiscale» e quelli che non pensano niente (ogni partito ha il suo zoccolo duro). Berlusconi corre ai ripari cercando l’appoggio della destra alla destra di Fini (ok, mi correggo: ho cominciato a preoccuparmi davvero quando è spuntata una destra alla destra di Fini) e si allea nel Lazio con Storace e la Santanché. La Santanché?! Ehi, credevo non le andassero a genio i poligami che vanno con le ragazzine.


http://www.unita.it/rubriche/fornario/91378
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La corruzione costa 25mila euro a testa ma in Italia non è un reato grave

- di GIUSEPPE D'AVANZO -

Paese meraviglioso l'Italia. Quando non si acceca da solo, chiude gli occhi. Il frastuono politico assorda e il rumore mediatico lascia nascosta qualche verità e - in un canto - fatti che, al contrario, meritano molta luce e l'attenzione dell'opinione pubblica. La disciplina del "processo breve" ce l'abbiamo sotto gli occhi e vale la pena di farci i conti, senza lasciarci distrarre da ingenui e imbonitori. Qualche punto fermo. Il disegno di legge pro divo Berluscone non rende i processi rapidi (è una cristallina scemenza). Quel provvedimento fabbrica una prescrizione svelta e improvvisa come un fulmine che uccide. Solitamente, a fronte dei reati più gravi, uno Stato responsabile - e leale con i suoi cittadini - si concede un tempo adeguato per accertare il reato e punire i responsabili (la prescrizione non è altro). Più grave è il reato, più problematico e laborioso il suo accertamento, maggiore è il tempo che lo Stato si riconosce prima di considerare estinto il delitto. Le regole della prescrizione svelta e assassina (dei processi) capovolgono questo criterio di efficienza e buon senso.

Più grave è il reato, minore è il tempo per giudicarlo. I magistrati avranno tutto il tempo per processare uno scippatore e tempi contingentati per venire a capo, per dire, di abuso d'ufficio, frodi comunitarie, frodi fiscali, bancarotta preferenziale, truffa semplice o aggravata: quel mascalzone di Bernard Madoff, che ha trafugato 50 miliardi di dollari ai suoi investitori, ne gioirebbe maledicendo di non essere nato italiano.

Ora il disegno di legge potrà essere corretto e limato ma - statene certi - non potrà mai lasciare per strada la corruzione propria e impropria perché Silvio Berlusconi, imputato di corruzione in atti giudiziari e con il corrotto già condannato in appello (David Mills), ha bisogno di quel "salvacondotto" per levarsi dai guai. Un primo risultato si può allora scolpire nella pietra: l'Italia è il solo Paese dell'Occidente che considera la corruzione un reato non grave e dunque, se le parole e le intenzioni hanno un senso, una pratica penalmente lieve, socialmente risibile, economicamente tranquilla. Nessuno pare chiedersi se ce lo possiamo permettere; quali ne saranno i frutti; quali i costi economici e immateriali; quale il futuro di un Paese dove "corrotto" e "corruttore" sono considerati attori sociali infinitamente meno pericolosi di "scippatore", "immigrato clandestino", "automobilista distratto", e la corruzione così inoffensiva da meritare una definitiva depenalizzazione o una permanente amnistia.

Il silenzio su questo aspetto decisivo della "prescrizione svelta", inaugurata dalla "legge Berlusconi", è sorprendente. È sbalorditivo che il dibattito pubblico sul minaccioso pasticcio, cucinato dagli avvocati del premier nel suo interesse, non veda protagonisti anche la Confindustria, chi ha cara la piccola e media impresa, i sindacati, gli economisti, le autorità di controllo del mercato e della concorrenza, le associazioni dei risparmiatori e dei consumatori, i ministri del governo che ancora oggi si dannano l'anima per dare competitività al "sistema Italia". Come se il circuito mediatico e "pubblicitario" del presidente del consiglio fosse riuscito a gabellare per autentica la storia di un ennesimo conflitto tra politica e giustizia, e dunque soltanto affare per giuristi, toghe e giornalisti. Come se questo progetto criminofilo non parlasse di sviluppo e arretratezza; di passato e di futuro; di convivenza civile, organizzazione sociale, legittimità delle istituzioni, trasparenza dell'azione dei policy maker; di competitività e credibilità internazionale del Paese.

È stupefacente questo silenzio perché ognuno di noi paga ancora oggi e pagherà domani, con l'ipoteca sul futuro di figli e nipoti, il prezzo della corruzione del passato, quasi sette punti di prodotto interno lordo ogni anno, 25mila euro di debito per ciascun cittadino della Repubblica, neonati inclusi. Settanta miliardi di euro di interessi passivi, sottratti ogni anno alle infrastrutture, al welfare, alla formazione, alla ricerca. È una condizione che corifei e turiferari, vespi e minzolini, occultano all'opinione pubblica. È necessario qualche ricordo allora per chi crede al "colpo di Stato giudiziario", alla finalità tutta politica dell'azione delle procure, favola ancora in voga in queste ore nel talk-show influenzati dal Cavaliere. Quando Mani Pulite muove i suoi primi passi, il giro di affari della corruzione italiana è di diecimila miliardi di lire l'anno, con un indebitamento pubblico tra i 150 e il 250 mila miliardi più 15/25 miliardi di interessi passivi. L'abitudine alla corruzione cancella ogni sensibilità del ceto politico per i conti pubblici. Inesistente negli anni sessanta, il debito cresce fino al 60 per cento del prodotto interno lordo negli anni ottanta. Sale al 70 per cento nel 1983. Tocca il 92 per cento nei quattro anni (1983/1987) di governo Craxi, per chiudere alla vigilia di Mani Pulite, nel 1992, al 118 per cento. Non c'è dubbio che, in quegli anni, una maggiore attenzione della magistratura alla corruzione, e la consapevolezza sociale del danno che produce, favorisce il parziale rientro dal debito, utile per adeguarsi ai parametri di Maastricht. Di quegli anni - 1993/1994 - è infatti il picco di denunce dei delitti di corruzione. Con il tempo, la tensione si allenta. Lentamente la curva dei delitti denunciati decresce e nel 2000 torna ai livelli del 1991, quelli antecedenti all'emersione di Tangentopoli. Negli anni successivi la legislazione ad personam (taglio dei tempi di prescrizione per i reati economici, dalla corruzione al falso in bilancio), i condoni fiscali, le difficoltà della legge sul "risparmio" (in realtà sulla governance) chiudono il cerchio e una stagione.

Da qui, allora, occorre muovere per comprendere e giudicare un progetto che può spingere l'Italia, nell'interesse di uno, in prossimità di una condizione da "paese emergente". Perché la difficoltà della nostra storia recente nasce nel fondo oscuro della corruzione. Tirarsene fuori è una necessità in quanto c'è - non è un segreto, anche se è trascurato dal discorso pubblico e dai cantori dell'Egoarca - una simmetria perfetta tra la corruzione e le criticità per la società e il Paese. Mercati dominati da distorsioni e "tasse immorali" (60 miliardi di euro ogni anno per la Corte dei Conti) garantiscono benefici soltanto agli insiders della combriccola corruttiva. Oltre a perdere competitività, i mercati corrotti non attraggono investimenti di capitale straniero e sono segnati da una bassa crescita (troppe barriere all'entrata, troppi rischi di investimento). Non c'è studio o analisi che non confermi la relazione tra il grado di corruzione e la crescita economica, soprattutto per quanto riguarda le medie e piccole imprese che sono il nocciolo duro della nostra economia reale. Infatti, le piccole e medie imprese - si legge nella relazione parlamentare che ha accompagnato la ratifica della convenzione dell'Onu contro la corruzione diventata legge il 14 agosto del 2009 - , "oltre a non avere i mezzi strutturali e finanziari delle grandi imprese (che consentono loro interventi diretti e distorsivi) risultano avere meno peso politico e minori disponibilità economiche per far fronte alla richiesta di tangenti". La corruzione diventa un costo fisso per le imprese e un onere che incide pesantemente nelle decisioni di investimento. Sono costi, per le piccole e medie imprese, che possono essere determinanti per l'entrata nel mercato, così come possono causarne l'uscita dal mercato. E in ogni caso sono costi che hanno rilevanti ricadute su altri fronti: ricerca, innovazioni tecnologiche, manutenzione, sicurezza personale, tutela ambientale.

Per queste ragioni, la corruzione dovrebbe trovare una sua assoluta priorità nell'agenda politica e gli italiani se ne rendono conto anche se magari non sanno, come ha scritto il ministro Renato Brunetta, che il balzello occulto della corruzione "equivale a una tassa di mille euro l'anno per ogni italiano, neonati inclusi". Secondo Trasparency International, un organismo "no profit" che studia il fenomeno della corruzione a livello globale, il 44 per cento degli italiani crede che la corruzione "incide in modo significativo" sulla sua vita personale e familiare; per il 92 per cento nel sistema economico; per il 95 nella vita politica; per il 85 sulla cultura e i valori della società. Più del 70 per cento della società ritiene che nei prossimi anni la corruzione sia destinata a non diminuire.

Il disastroso quadro nazionale è noto agli organismi internazionali. È di questi giorni il rapporto del Consiglio d'Europa sulla corruzione in Italia. Il Consiglio rileva che in Italia i casi di malversazione sono in aumento; che le condanne sono diminuite; i processi non si concludono per le tattiche dilatorie che ritardano i dibattimenti e favoriscono la prescrizione; la normativa è disorganica; la pubblica amministrazione ha una discrezionalità che confina con l'arbitrarietà. Il gruppo di Stati contro la corruzione del Consiglio d'Europa (Greco) ha inviato all'Italia 22 raccomandazioni di stampo amministrativo (introduzione di standard etici, per dire), procedurali (per evitare l'interruzione dei processi) normative (nuove figure di reato).

La risposta alle preoccupazioni della comunità internazionale - che appena al G8 dell'Aquila ha sottoscritto il dodecalogo dell'Ocse per un global legal standard (peraltro fortemente voluto da Tremonti) - è ora nel disegno di legge della "prescrizione svelta". La corruzione è trascurabile. Non è il piombo sulle ali dell'economia italiana. Non è la tossina che avvelena il metabolismo della società italiana. Non è il muro che ci impedisce di scorgere il futuro. È un grattacapo del capo del governo. Bisogna eliminarlo anche al prezzo di non avere più un futuro per l'Italia intera. Dove sono in questo piano inclinato "gli uomini del fare" che credono nella loro impresa, nel merito, nel mercato, nella concorrenza? E perché tacciono?


http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/politica/giustizia-17/corruzione-costi/corruzione-costi.html
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